Ordinanza 8102/2022
Abusi dell’usufruttuario immobile di una società attribuito in usufrutto ad uno degli amministratori
Del danno occorso all’immobile di proprietà di una società di persone, in conseguenza dell’effettuazione di opere di demolizione da parte di uno dei soci co-amministratori, che ne abbia anche il godimento materiale in qualità di usufruttuario, risponde unicamente quest’ultimo, ove le dette opere siano ascrivibili alla sua iniziativa, ovvero entrambi gli amministratori, ove la scelta di procedere alle demolizioni fosse riferibile a una loro comune decisione.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 14-3-2022, n.8102 (CED Cassazione 2022)
Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza
RILEVATO CHE:
(OMISSIS), che, unitamente al fratello (OMISSIS), aveva costituito una società semplice ( (OMISSIS) s.s.) destinata all’acquisto di immobili in territorio francese, agì in giudizio nei confronti del nipote (OMISSIS) (unico erede del predetto (OMISSIS)) per sentire sciogliere la comunione ereditaria determinatasi fra i due fratelli a seguito della morte dei genitori e, previa dichiarazione di recesso dalla società (che era proprietaria di due immobili siti in (OMISSIS)), per sentirsi liquidare il valore della sua quota del 50%;
il Tribunale di Savona accertò l’avvenuto recesso della (OMISSIS) dalla società e dichiarò il socio superstite tenuto a liquidare alla receduta la sua quota, nella misura di oltre 398.000,00 Euro; dispose, inoltre, lo scioglimento della comunione ereditaria, mediante assegnazione di immobili e previsione di un conguaglio a carico del convenuto; condannò, infine, il (OMISSIS) a corrispondere all’attrice la somma di 60.000,00 Euro a titolo di risarcimento del danno conseguente al deprezzamento di una villa di cui era proprietaria la società, che era dipeso da opere di demolizione realizzate da (OMISSIS);
provvedendo sul gravame proposto da (OMISSIS), la Corte di Appello di Genova ha riformato parzialmente la sentenza di primo grado, revocando il capo che condannava l’appellante al pagamento della somma di 60.000,00 Euro; ha inoltre compensato integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio;
la Corte ha affermato che l’immobile deteriorato apparteneva “ad una società semplice e che sia (OMISSIS) sia (OMISSIS), il padre dell’appellante, e poi dopo la sua morte l’appellante erano amministratori con poteri disgiunti”, di talchè l’attrice “aveva (…) tutti i poteri per controllare l’eventuale degrado della villa e per prendere i provvedimenti necessari per rimediarvi”; ha aggiunto che, “data la negligenza nel compiere i suoi doveri di amministratrice essa è egualmente responsabile dell’accaduto e quindi nessun risarcimento può essere da lei preteso”;
ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), affidandosi a tre motivi; ha resistito l’intimato a mezzo di controricorso;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.;
entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE:
il primo motivo denuncia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5) – violazione dell’art. 1001 c.c. – falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 2”;
premesso che (OMISSIS) era usufruttuario della villa deteriorata e che tale posizione, documentata, era stata oggetto di discussione fra le parti sia in primo che in secondo grado, la (OMISSIS) evidenzia che il convenuto non aveva mai contestato che la parziale demolizione (non seguita da ricostruzione) fosse stata opera del padre e assume che “la Corte di Appello ha sbagliato nel ritenere che la ricorrente avesse tutti i poteri per controllare il degrado della villa e prendere i provvedimenti per rimediarvi perchè non ha preso in considerazione proprio la posizione di usufruttuario del padre del convenuto”;
il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c.: rilevato che, proponendo l’appello, il (OMISSIS) “aveva omesso di indicare le parti del provvedimento che intendeva appellare e le modifiche che intendeva richiedere alla ricostruzione del fatto compiuta dal Tribunale”, la ricorrente lamenta che la Corte non abbia speso una sola parola sull’eccezione sollevata dalla appellata, anche solo per dichiararne l’infondatezza;
col terzo motivo, la (OMISSIS) deduce la violazione dell’art. 92 c.p.c., dolendosi che la Corte di Appello abbia integralmente compensato le spese di lite pur avendo accolto un solo motivo del gravame “e quello meno rilevante”, in difetto – pertanto – di una effettiva reciproca soccombenza;
è logicamente preliminare l’esame del secondo motivo, che risulta inammissibile: la ricorrente omette, infatti, di riprodurre il contenuto dell’appello al fine di consentire a questa Corte di apprezzare, già sulla base della lettura del ricorso, la sussistenza della dedotta non specificità dell’impugnazione (cfr. Cass. n. 86/2012 e Cass. n. 29495/2020);
il primo motivo è fondato, in quanto:
è pacifico che la parte resistente, o meglio il padre (OMISSIS), fosse usufruttuario della villa di (OMISSIS) in cui sono state effettuate le demolizioni (cfr. controricorso a pag. 4); tale posizione del de cuius riguardo al bene era all’evidenza distinta da quella di socio che egli rivestiva unitamente alla ricorrente e, connotandosi come diritto reale di godimento, implicava l’esercizio di un potere sulla cosa;
ebbene, la corte territoriale ha trascurato assolutamente tale fatto, non considerando che la posizione di amministratori sociali comune ai due fratelli, e segnatamente quella coamministratrice della ricorrente, era distinta da quella di usufruttuario;
invero, il de cuius aveva una posizione diversa ed ulteriore, espressione di un diritto reale sulla res, riguardo alla quale la posizione sociale di coamministratrice della ricorrente e le relative facoltà ed i relativi poteri non potevano affatto intervenire, dato che certamente non si potevano esercitare senza tenere conto del godimento a titolo di usufrutto del fratello;
la corte territoriale, nel far discendere senz’altro dalla qualità di amministratrice con poteri disgiunti della (OMISSIS) l’esistenza di poteri di controllo in capo alla stessa sulla situazione della villa e nel desumerne la corresponsabilità per le avvenute demolizioni, non ha dunque considerato che (OMISSIS) aveva una posizione di titolare di un diritto reale sulla villa e, dunque, di godimento diretto, che si opponeva potenzialmente all’esercizio del potere di controllo della sorella come coamministratrice della società;
la corte territoriale avrebbe dovuto allora verificare se la scelta dell’effettuazione delle demolizioni fosse riferibile ad una decisione dei due fratelli come coamministratori e non ad un’iniziativa assunta dall’usufruttuario, il quale si trovava in una situazione di godimento materiale del bene ed esercitava un potere sulla cosa tale da consentirgli di intervenire direttamente sulla stessa;
la sentenza va cassata sul punto e il giudice del rinvio dovrà riesaminare la vicenda considerando quanto sopra rilevato;
il terzo motivo risulta assorbito, giacchè all’esito del giudizio di rinvio dovrà procedersi ad una nuova liquidazione delle spese;
la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, dichiarato inammissibile il secondo motivo, accoglie il primo, dichiarando assorbito il terzo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione.
Roma, 7.12.2021