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Cassazione Civile 8233/2016 – Liquidazione della quota del socio receduto da società di persone

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Ordinanza 8233/2016

Liquidazione della quota del socio receduto da società di persone

In tema di liquidazione della quota del socio receduto da società di persone (nella specie, società in accomandita semplice), l’art.2289, comma 3, c.c., nel porre a favore ed a carico di detto socio, rispettivamente, gli utili e le perdite inerenti ad “operazioni in corso” alla data del recesso, si riferisce alle sopravvenienze attive e passive che trovino la loro fonte in situazioni già esistenti a quella data. Esso, pertanto, trova applicazione con riguardo alle somme versate dalla società in base a condono fiscale attinente a violazioni commesse prima del recesso, anche se richiesto in epoca successiva – sempre che non siano in discussione la sussistenza della violazione ed il carattere vantaggioso della definizione agevolata – in quanto la relativa istanza e gli ulteriori adempimenti connessi sono rivolti ad estinguere un debito già sorto.

Cassazione Civile, Sezione 6, Ordinanza 22 aprile 2016, n. 8233 (CED Cassazione 2016)

 

 

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

“Con sentenza in data 25 marzo 2014, la Corte d’Appello di Firenze, ha respinto l’impugnazione proposta da (OMISSIS). sas, contro la pronuncia del Tribunale di Arezzo, che – a sua volta – aveva rigettato la domanda proposta dalla stessa società contro gli ex soci (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine all’accordo (“contratto”) di recesso dei soci ed alla regolazione delle relative spettanze, sia in considerazione dell’emergenza di passività non calcolate al momento della liquidazione sia in considerazione della violazione da parte dei detti soci del patto di non concorrenza.

La Corte territoriale ha motivato la reiezione dell’appello escludendo che, pur essendo provata la violazione del patto da parte degli ex soci, vi fosse anche quella (quand’anche presuntiva) del danno da perdita patrimoniale subita dalla società (la sola che avrebbe consentito di accogliere la richiesta risarcitoria), e che in ordine alle sopravvenienze non fosse pertinente il richiamo all’art. 2289 c.c. “per le motivazioni espresse dal Tribunale”.

Avverso la decisione della Corte d’Appello ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), con atto notificato il 10 novembre 2014, sulla base di due coppie di motivi, ciascuno articolato in due profili di doglianza a): violazione o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 2697, 2598 e 1218 c.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla circostanza che i soci recedenti avevano ricevuto una liquidazione proporzionale all’avviamento dell’azienda; b)violazione o falsa applicazione dell’art. 2289 c.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in ordine alla circostanza che nella determinazione del valore della quota dei recedenti era stata inclusa la voce relativa agli utili non ancora liquidati.

I signori (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.

Il ricorso, che merita una congiunta trattazione dei due profili di doglianza, appare manifestamente fondato giacchè:

  1. a) Con riferimento alla prova del danno, derivato dalla accertata violazione del patto di non concorrenza, la sentenza l’ha escluso senza aver considerato sia le ipotizzate presunzioni, consistite nel dato della prossimità territoriale degli esercizi concorrenti, nei quali avevano prestato la loro attività gli ex soci, sia nel fatto che il danno si riduca alla sola contrazione di fatturato, avendo questa Corte già affermato (Sez. 1, Sentenza n. 13025 del 2014) che questo può “manifestarsi anche solo in una riduzione del potenziale di vendita e, quindi, in una minore crescita delle vendite, senza che si abbia una corrispondente riduzione rispetto agli anni precedenti.”;
  2. b) Con riguardo alla mancata considerazione delle sopravvenienze passive, nel calcolo della liquidazione della quota, la decisione appare in contrasto con il principio di diritto già affermato da questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 960 del 2000) e secondo cui “In tema di liquidazione della quota del socio receduto da società di persone (nella specie, società in nome collettivo), l’art.2289 c.c., comma 3, nel porre a favore e a carico di detto socio rispettivamente gli utili e le perdite inerenti ad “operazioni in corso” alla data del recesso, si riferisce alle sopravveniente attive e passive che trovino la loro fonte in situazioni già esistenti a quella data. Esso, pertanto, trova applicazione con riguardo alle somme versate dalla società in base a condono fiscale attinente a violazioni commesse precedentemente al recesso, anche se richiesto in epoca successiva sempre che non siano in discussione la sussistenza della violazione ed il carattere vantaggioso della definizione agevolata – in quanto la relativa istanza e gli ulteriori adempimenti connessi sono rivolti ad estinguere un debito già sorto.”.

Infatti, a quest’ultimo proposito, non rileva il fatto che il recesso sia stato formalizzato in un atto che abbia disciplinato anche il trattamento economico di esso, atteso che – per poter escludere la disciplina legale invocata dall’odierna ricorrente (e attrice appellante) occorre, specificamente, motivare in ordine alle ragioni che hanno portato le parti ad escludere ogni rilievo alle sopravvenienze (nella specie: passive), con motivazione effettiva e logicamente immune da censure.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., n. 5, apparendo il ricorso manifestamente fondato.”.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale non risultano essere state mosse osservazioni critiche;

che, perciò, il ricorso, manifestamente fondato, deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Firenze che, in diversa composizione, si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati.

P.Q.M.

La Corte,

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.