Ordinanza 8447/2023
Revocatoria di costituzione del fondo patrimoniale stipulato da parte di entrambi i coniugi – Coniuge non debitore e non proprietario dei beni – Litisconsorzio necessario
In tema di azione revocatoria, nel giudizio promosso dal creditore personale di uno dei coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussiste litisconsorzio necessario del coniuge non debitore, ancorché non sia neppure proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi, destinatario degli esiti pregiudizievoli conseguenti all’eventuale accoglimento della domanda revocatoria.
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 24-3-2023, n. 8447 (CED Cassazione 2023)
Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria) – Giurisprudenza
Rilevato che:
la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo
grado con cui il Tribunale di Bologna aveva accolto l’azione revocatoria
ordinaria promossa da (OMISSIS) s.p.a. (nella qualità di procuratore
della Banca (OMISSIS) s.p.a. e, mediante successivo atto di
intervento, della Cassa (OMISSIS) s.p.a), nei
confronti di (OMISSIS) (fideiussore della (OMISSIS)
s.p.a. nei confronti dei due istituti bancari), della moglie
(OMISSIS) e dei figli (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e
(OMISSIS), in relazione a un atto di costituzione di fondo patrimoniale del
12.11.2008 e ad atti di donazione di immobili effettuati in data 5.6.2006
e trascritti il successivo 19.6.2006, dei quali era stata pertanto
dichiarata l’inefficacia nei confronti di entrambe le banche;
la Corte ha respinto l’eccezione di prescrizione rispetto alla
domanda della terza intervenuta, ritenendo che il termine prescrizionale
non fosse decorso dalla data del rogito, ma dalla successiva trascrizione
delle donazioni; ha ritenuto sussistenti i presupposti soggettivi e
oggettivi dell’azione revocatoria e ha respinto l’eccezione di carenza di
legittimazione passiva della Lollo, pronunciando anche nei confronti
della stessa la condanna alle spese di lite;
hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS),
(OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS),
affidandosi a tre motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi,
(OMISSIS) SPV s.r.I., rappresentata da (OMISSIS) s.p.a., quale
cessionaria del credito vantato dalla (OMISSIS)
s.p.a. nei confronti della (OMISSIS) s.p.a. e
del fideiussore, nonché la (OMISSIS) s.p.a., quale procuratrice della
(OMISSIS) s.r.I., cessionaria del credito della (OMISSIS)
s.p.a.;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.l.
c.p.c.;
entrambe le controricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
col primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza per violazione
o la falsa applicazione dell’art. 2903 c.c., «per aver ritenuto che la
prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria decorra dalla trascrizione
dell’atto di disposizione patrimoniale, anziché dalla sua stipulazione»;
premesso che l’eccezione era stata sollevata con riguardo alla
domanda proposta dalla Cassa (OMISSIS) (con
atto di intervento avviato alla notifica il 6.6.2011) per la revoca delle
donazioni effettuate con rogito del 5.6.2006, i ricorrenti assumono -con
richiamo a Cass. n. 3379/2007- che la prescrizione dell’azione
revocatoria ordinaria decorre dalla data di stipulazione dell’atto e non da
quello della sua trascrizione;
il motivo è infondato, alla luce dell’orientamento di legittimità che,
in difformità rispetto al precedente richiamato dai ricorrenti, si è ormai
consolidato nel senso che, «in tema di azione revocatoria, la norma
dell’art. 2903 cod. civ. va coordinata con quella prevista dall’art. 2935
cod. civ., secondo cui la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui
il diritto può essere fatto valere. Ne consegue che, nel caso in cui sia
esercitata un’azione ex art. 2901 cod. civ. per la revoca di un atto di
trasferimento di un immobile, la prescrizione inizia a decorrere non già
dalla data di stipulazione ma da quella di trascrizione dell’atto,
necessaria affinché il trasferimento sia reso pubblico, conoscibile ai terzi
ed a loro opponibile» (Cass. n. 11815/2014; conformi Cass. n.
1210/2007, Cass. n. 5889/2006 e Cass. n. 11758/2018);
col secondo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione o falsa
applicazione dell’art. 2901, comma 1, n. 1 c.c. e l’omesso esame di fatti
decisivi «per aver ritenuto sussistenti i presupposti soggettivi ed
oggettivi della revoca della donazione 5.6.2006 e dell’atto costitutivo di
fondo patrimoniale»;
premesso che era «onere dell’attrice e dell’interveniente provare
sia il carattere concretamente pregiudizievole dei predetti atti di
disposizione patrimoniale rispetto alla possibilità di soddisfacimento dei
loro crediti verso la società garantita dal sig. (OMISSIS),
sia la conoscenza del (preteso) pregiudizio, da parte di quest’ultimo, al
momento del compimento di ciascun atto di disposizione patrimoniale»,
i ricorrenti trascrivono ampi passaggi dell’atto di appello e lamentano
che la Corte ha motivato senza distinguere fra i due atti (la donazione e
la costituzione del fondo patrimoniale), non ha spiegato da quali
elementi abbia desunto la sussistenza della scientia damni e non ha
considerato i fatti addotti dagli appellanti a confutazione della pretesa
conoscenza (fatti che sarebbero provati con i docc. da n. 8 a n. 22
prodotti dai convenuti); aggiungono che la Corte ha erroneamente
valorizzato deduzioni del fideiussore (relative a una missiva del
7.11.2008), concernenti inequivocabilmente il solo atto costitutivo di
fondo patrimoniale, anche a sostegno della sussistenza della scientia
damni e dell’eventus damni in relazione alle donazioni effettuate oltre
due anni prima; si dolgono, altresì, che la sentenza abbia «totalmente
omesso di esaminare i fatti dedotti dagli odierni ricorrenti e
documentalnnente provati […] che confutano, quantomeno con riguardo
alla donazione 5.6.2006 […], la tesi della pretesa “incapienza” del
residuo patrimonio immobiliare del signor (OMISSIS)
rispetto ai crediti delle controparti nei confronti della società da lui
garantita»;
il motivo è inammissibile, in quanto, senza illustrare
adeguatamente i termini della dedotta violazione dell’art. 2901 c.c. e
senza individuare specifici fatti singolarmente decisivi di cui sarebbe
stato omesso l’esame, svolge una critica complessiva della sentenza che
appare volta -nella sostanza- a una non consentita rivalutazione del
merito, nel senso dell’esclusione (almeno parziale) della sussistenza dei
requisiti -soggettivo e oggettivo- dell’azione pauliana; e ciò fa, peraltro,
senza ottemperare puntualmente all’onere di specificità prescritto
dall’art. 366, n. 6 c.p.c. quando alla localizzazione e alla trascrizione
(per quanto necessario) dei documenti invocati a sostegno delle
censure;
il terzo motivo investe la statuizione con cui la Corte ha rigettato
l’eccezione di difetto di legittimazione passiva di (OMISSIS)
(affermando che la partecipazione della stessa al giudizio non risultava
ingiustificata, pur in difetto di una situazione di litisconsorzio necessario,
atteso che, «mediante la revoca del fondo patrimoniale anche la
consistenza del patrimonio immobiliare di quest’ultima subisce una
variazione») e ne ha disposto la condanna al pagamento delle spese di
lite;
i ricorrenti censurano il “ragionamento” della Corte, ribadendo che
la Lollo «è assolutamente priva di legittimazione passiva nel presente
giudizio, non avendo patrimonio immobiliare alcuno ed essendo i beni
costituiti nel fondo patrimoniale […] intestati solo al marito Amedeo
Della Valentina»; evidenziano inoltre una contraddittorietà fra
l’esclusione della situazione di litisconsorzio necessario e l’affermazione
dell’interesse della Lollo alla partecipazione al giudizio e la conseguente
condanna alle spese di lite;
il motivo è infondato, atteso che, secondo l’orientamento
consolidato di questa Corte, la legittimazione passiva rispetto alla
domanda di revoca di un fondo patrimoniale spetta ad entrambi i
coniugi, stante la necessità che la sentenza faccia stato nei confronti di
tutti coloro per i quali il fondo è stato costituito e sussistendo, anche
rispetto al coniuge non proprietario, un interesse alla partecipazione al
giudizio, in quanto lo stesso è comunque beneficiario dei frutti destinati
a soddisfare i bisogni della famiglia (cfr. Cass. n. 5768/2022 e Cass. n.
1242/2012); di talché -diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza
impugnata (che, sul punto, va dunque corretta, ex art. 384, 4° co
c.p.c.)- sussiste anche una situazione di litisconsorzio necessario del
coniuge non debitore (cfr. Cass. n. 19330/2017: «in tema di azione
revocatoria, nel giudizio promosso dal creditore personale di uno dei
coniugi per la declaratoria di inefficacia dell’atto di costituzione di un
fondo patrimoniale stipulato da entrambi i coniugi, sussiste litisconsorzio
necessario del coniuge non debitore, ancorché non sia neppure
proprietario dei beni costituiti nel fondo stesso, in quanto beneficiario
dei relativi frutti, destinati a soddisfare i bisogni della famiglia, e, quindi,
destinatario degli eventuali esiti pregiudizievoli conseguenti
all’accoglimento della domanda revocatoria»; cfr. anche Cass. n.
21494/2011);
le spese di lite seguono la soccombenza;
sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1
quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in
solido, delle spese di lite, liquidate, in favore di ciascuna
controricorrente, in euro 7.500,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in
euro 200,00) e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso
articolo 13, se dovuto.
Roma, 20.12.2022