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Cassazione Civile 8586/2016 – Sentenza del Consiglio di Stato sull’idoneità di un certificato di studio all’attestazione di conoscenza dell’inglese secondo un livello CEFR – Impugnazione in cassazione

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Sentenza 8586/2016

Sentenza del Consiglio di Stato sull’idoneità di un certificato di studio all’attestazione di conoscenza dell’inglese secondo un livello CEFR – Impugnazione in cassazione

La sentenza del Consiglio di Stato che valuta se il certificato di studio prodotto dalla parte sia idoneo ad attestare una determinata conoscenza della lingua inglese secondo le fasce CEFR (Common European Framework of Reference for Languages) implica un’attività ermeneutica interna al raggio d’azione che la legge assegna al giudice amministrativo, senza alcuna invasione della sfera riservata al legislatore nazionale e comunitario in materia di titoli di studio, sicché detta sentenza non può essere impugnata in cassazione per superamento dei limiti esterni della giurisdizione speciale.

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 2 maggio 2016, n. 8586 (CED Cassazione 2016)

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. (OMISSIS) chiede l’annullamento della sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato, pubblicata il 23 giugno 2014, che definì la controversia da lui proposta nei confronti dell’Università degli studi di Cagliari, nonchè di (OMISSIS) e di (OMISSIS).

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna aveva dichiarato inammissibile il ricorso con il quale il (OMISSIS) chiedeva l’annullamento di una serie di decreti del Rettore ed altri atti amministrativi relativi al reclutamento di 23 ricercatori a tempo determinato, uno dei quali per il settore concorsuale di diritto privato (12/A1).

Il (OMISSIS) fu ammesso con riserva alla selezione, a seguito di provvedimento cautelare del TAR, collocandosi al secondo posto, ma a distanza di oltre 14 punti dal vincitore (OMISSIS). Il TAR ritenne che il controinteressato non fosse stato messo in grado di interloquire in ordine alla tematica originaria della procedura concorsuale sollevata nell’impugnativa, concernente la verifica del livello di conoscenza della lingua inglese. Di qui l’inammissibilità del ricorso per mancata notifica tempestiva al controinteressato reale vincitore, in sede di impugnazione, con motivi aggiunti, della graduatoria.

Nel giudizio di appello, promosso dal (OMISSIS), il Consiglio di Stato non condivise tale soluzione, ritenendo che la sentenza appellata non potesse trovare conferma sotto questo profilo, senza che ciò impedisse la disamina degli ulteriori motivi riproposti in appello.

Il Consiglio di Stato esaminò quindi il problema costituito dalla mancata produzione da parte del (OMISSIS) di certificazione idonea a documentare il livello di conoscenza della lingua inglese richiesto dal bando e, all’esito di un’articolata analisi, ritenne legittima l’esclusione. Per tali motivi riformò la sentenza appellata, rigettando il ricorso proposto dal (OMISSIS). La sentenza esamina poi i motivi del ricorso relativi al diritto dello (OMISSIS) di partecipare al concorso, giudicandoli inammissibili, con assorbimento di tutti i restanti motivi.

L’avv. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione per “violazione dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo”. Tale violazione si sarebbe determinata in quanto il Consiglio di Stato avrebbe con la sua sentenza invaso la sfera riservata al legislatore comunitario e nazionale “in merito alla idoneità del diploma europeo e dell’allegato Supplement, rilasciati dal presidente della Commissione ministeriale per l’esame di stato di maturità classica e del diploma di laurea specialistica in giurisprudenza a certificare la conoscenza dell’inglese a livello B2 del CEFR”.

Luca (OMISSIS) ha ritualmente notificato proprio controricorso, in tale atto argomentando per la insussistenza dell’eccesso di potere giurisdizionale.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

L’art. 111 Cost., u.c., sancisce: “Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”.

In applicazione di tale principio, l’art. 362 c.p.c. e l’art. 110 cod. proc. amm., ribadiscono che il ricorso per cassazione contro sentenze del Consiglio di Stato è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Il concetto di “motivi inerenti alla giurisdizione” si collega ai confini della giurisdizione, che possono, con espressione sintetica, ritenersi essere di un duplice tipo:

confini che distinguono le funzioni dello Stato e confini che, all’interno della funzione giurisdizionale, distinguono tra giudice ordinario, giudice amministrativo ed altri giudici speciali.

La violazione dei confini costituisce una forma speciale di violazione di legge, perchè riguarda specificamente le leggi che definiscono l’ambito della giurisdizione.

Si parla a tal proposito e con efficace espressione, di violazione dei “limiti esterni” della giurisdizione, cioè dei limiti correlati ai confini della giurisdizione.

Con riferimento ai confini tra funzioni dello Stato, può essere accaduto che il Consiglio di Stato abbia invaso la sfera di competenza del Legislatore o della discrezionalità amministrativa (su queste distinzioni, cfr., da ultimo, Cass., sez. un., 12 dicembre 2012, n. 22784). Tali violazioni attengono alla giurisdizione e possono essere motivo di ricorso per cassazione contro la decisione del Consiglio di Stato. Ma la violazione può essere anche di segno opposto, e cioè negativa, nel senso che il Consiglio di Stato può aver negato la giurisdizione sull’erroneo presupposto che la domanda non potesse formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale.

Con riferimento ai limiti derivanti dalla ripartizione del potere giurisdizionale tra giudici diversi, può essere accaduto che il giudice amministrativo abbia deciso su materie di competenza del giudice ordinario o di altre giurisdizioni speciali. Anche questa situazione può essere positiva, cioè invasiva della sfera altrui, ma anche negativa, qualora il giudice abbia omesso di pronunciarsi su questioni sulle quali era tenuto a decidere, a causa dell’erroneo convincimento che la giurisdizione non gli appartenesse.

Si è ancora nell’area dei motivi inerenti alla giurisdizione, quando il Consiglio di Stato abbia travalicato i limiti che derivano dalla “articolazione” (questo il termine usato dall’art. 7, comma 3, cod. proc. amm.), della giurisdizione amministrativa in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva e di merito.

La giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo riguarda le controversie in cui si discute di interessi legittimi (così definite dall’art. 7 cit., “controversie relative ad atti, provvedimenti od omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesioni di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali”). Essa è detta generale perchè attribuita in via di regola generale al sistema giudiziario TAR – Consiglio di Stato.

Le altre due articolazioni della giurisdizione amministrativa hanno carattere speciale ed aggiuntivo. Speciale perchè si riferiscono a fattispecie tassativamente individuate dal legislatore; aggiuntivo, in quanto l’ambito di cognizione ed i relativi poteri decisori vanno a cumularsi e a integrare quelli caratteristici della competenza generale di legittimità. La giurisdizione esclusiva consente di conoscere “anche le controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi” (art. 7, comma 5). La giurisdizione di merito è quella in cui “il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione” (art., 7, comma 6; i casi sono indicati dall’art. 134 cod. proc. amm.). Le due giurisdizioni speciali possono cumularsi in relazione alla singola fattispecie, dando luogo alla competenza esclusiva di merito.

Costituisce motivo attinente alla giurisdizione quello con il quale si denunzia che il Consiglio di Stato abbia esercitato i poteri inerenti alla giurisdizione di merito o esclusiva al di fuori dei casi in cui la legge lo consente (cfr. tra le ultime, Cass., sez. un., 4 febbraio 2014, n. 2403, nonchè con riferimento a specifiche competenze giurisdizionali in materia di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, Cass., sez. un., 5 ottobre 2015, n. 19786).

Rimangono invece fuori dal perimetro dei motivi inerenti alla giurisdizione tutte le situazioni in cui si prospetti una violazione nell’interpretazione di norme di legge, o una falsa applicazione delle stesse, posta in essere dal Consiglio di Stato all’interno dell’area riservata alla sua giurisdizione. In questo caso il vizio, attenendo all’esercizio del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non può essere oggetto di ricorso per cassazione (Cass., sez. un., 2403 del 2014, cit., nonchè 29 aprile 2005, n. 8882 e 29 marzo 2013, n. 7929).

Nella controversia in esame il ricorrente assume che il Consiglio di Stato avrebbe superato i limiti della giurisdizione compiendo una violazione delle regole sulla giurisdizione del primo tipo fra quelli esaminati. Il superamento dei limiti esterni della giurisdizione si sarebbe concretizzato nella invasione della sfera riservata al legislatore nazionale e comunitario laddove il Consiglio di Stato, esprimendosi in merito alla idoneità del diploma di maturità classica e del diploma di laurea specialistica a certificare la conoscenza della lingua inglese a livello B2 del CEFR (ricorso, pag. 8), avrebbe esercitato “un’attività di produzione normativa che non gli compete, sostituendosi al legislatore nel determinare il livello di conoscenza dell’inglese dei relativi corsi di studio” (memoria, del ricorrente, pag. 2). Più specificamente sempre secondo il ricorrente, in questo modo il Consiglio di Stato avrebbe “usurpato” la sfera di attribuzione del legislatore.

In realtà, il problema della idoneità dei due certificati prodotti dal ricorrente ad attestare una conoscenza dell’inglese secondo le fasce di competenza previste dal Common European Framework of Reference for Lenguages (CEFR) non è un problema legislativo, ma prettamente applicativo-interpretativo ed il Consiglio di Stato ha svolto un’attività ermeneutica tutta interna al raggio d’azione che la legge gli assegna, senza alcuna invasione della sfera legislativa.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile perchè quello formulato non è un motivo “inerente alla giurisdizione” nel senso dinanzi precisato.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente (non si deve assumere alcuna determinazione in materia nei confronti delle parti che non hanno svolto attività difensiva), e comporta l’ulteriore conseguenza prevista del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in materia di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% ed accessori di legge. Nulla sulle spese per te parti rimaste intimate.

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.