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Cassazione Civile 8698/2022 – Regolamento di condominio – Clausola arbitrale avente ad oggetto l’interpretazione e alla qualificazione del regolamento condominiale

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Sentenza 8698/2022

 

Regolamento di condominio – Clausola arbitrale avente ad oggetto l’interpretazione e alla qualificazione del regolamento condominiale

La clausola compromissoria per arbitrato irrituale contenuta in un regolamento di condominio, la quale stabilisca che siano definite dagli arbitri le controversie riguardanti l’interpretazione e la qualificazione del regolamento che possano sorgere tra l’amministratore ed i singoli condomini, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivo della pretesa o comunque aventi “causae petendi” connesse con l’operatività del regolamento stesso, il quale, in senso proprio, è l’atto di autorganizzazione a contenuto tipico normativo approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dall’art. 1136 c.c., comma 2, e contenente le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

Cassazione Civile, Sezione 2, Sentenza 17-3-2022, n. 8698   (CED Cassazione 2022)

Art. 1138 cc (Regolamento di condominio) – Giurisprudenza

Art. 1136 cc (Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza del Tribunale di Torino n. 3253/2017 del 4 luglio 2017.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

(OMISSIS) impugnò la Delib. Assemblea 25 giugno 2015, del convenuto Condominio (OMISSIS), nella parte in cui la stessa disponeva la ripartizione delle spese per il rifacimento del tratto fognario in base alle unità abitative. Il Giudice di pace di Torino, con ordinanza del 25 maggio 2016, dichiarò la propria incompetenza a favore del collegio arbitrale da costituirsi ai sensi dell’art. 28 del regolamento condominiale, compensando le spese di lite. Il Tribunale di Torino, adito quale giudice d’appello da (OMISSIS), ha affermato che il citato art. 28 del regolamento condominiale (inerente alle “controversie che riguardano la interpretazione e la qualificazione del presente regolamento che possano sorgere tra l’amministratore ed i singoli condomini”) configuri in realtà un arbitrato irrituale (gli arbitri sono definiti “amichevoli compositori”) e non dia quindi luogo ad alcuna questione di competenza. Il Tribunale ha comunque ritenuto la controversia in esame devoluta alla cognizione degli arbitri, in quanto involge questione di riparto delle spese da determinare in base al regolamento di condominio ed all’annessa tabella, e dunque riguarda un’interpretazione del regolamento stesso (in particolare, degli artt. 8, 22 e 28 di esso). Il Tribunale ha peraltro accolto l’appello incidentale del Condominio, ritenendo ingiustificata la compensazione disposta dal Giudice di pace e perciò condannando (OMISSIS) alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente fissava l’adunanza della Camera di consiglio per il 20 settembre 2018.

Il ricorrente presentò memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

All’esito di tale adunanza, venne tuttavia pronunciata ordinanza interlocutoria pubblicata il 14 dicembre 2017, avendo il Collegio escluso che ricorresse l’ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso, ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla questione attinente alla clausola compromissoria che prevede il deferimento ad arbitri di qualsiasi controversia tra amministratore e singoli condomini comunque riguardante l’interpretazione e l’applicazione del regolamento di condominio, in particolare quanto alla ricomprensione in essa dell’impugnazione di una deliberazione assembleare, proposta da un condomino nei confronti del condominio, in persona dell’amministratore, e concernente la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni.

La causa veniva perciò rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice tabellarmente competente e rinviata a nuovo ruolo.

Il ricorso è stato deciso in Camera di consiglio procedendo nelle forme di cui al Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

Il Pubblico Ministero ha formulato le sue conclusioni motivate e le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso di (OMISSIS) denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 c.c., e l’omessa applicazione dell’art. 1137 c.c., per l’interpretazione prescelta dal Tribunale con riferimento alla clausola compromissoria di cui all’art. 28 del regolamento condominiale, che non poteva comprendere anche le impugnazioni di deliberazioni dell’assemblea.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la nullità ex art. 132 c.p.c., n. 4, della sentenza impugnata per omessa motivazione.

Deve disattendersi l’eccezione del controricorrente di “improcedibilità del ricorso”, per l’assunta necessità di proporre regolamento di competenza. Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, la decisione del giudice ordinario, che affermi o neghi l’esistenza o la validità di un arbitrato irrituale, e che, dunque, nel primo caso non pronunci sulla controversia dichiarando che deve avere luogo l’arbitrato irrituale e nel secondo dichiari, invece, che la decisione del giudice ordinario può avere luogo, non è suscettibile di impugnazione con il regolamento di competenza, in quanto la pattuizione dell’arbitrato irrituale determina l’inapplicabilità di tutte le norme dettate per quello rituale, ivi compreso l’art. 819 ter c.p.c. (Cass. Sez. 6 – 3, 31/07/2017, n. 19060; Cass. Sez. 6 – 3, 17/01/2013, n. 1158).

I due motivi di ricorso vanno poi esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano infondati.

La sentenza del Tribunale di Torino contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, come prescritto dall’art. 132 c.p.c., n. 4 e dall’art. 118 disp. att. c.p.c..

è anche uniforme l’orientamento di questa Corte secondo cui l’art. 1137 c.c., comma 2, nel riconoscere ad ogni condominio assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell’assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le quali, d’altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.p.c. (Cass. Sez. 2, 20/06/1983, n. 4218; Cass. Sez. 2, 05/06/1984, n. 3406; Cass. Sez. 1, 10/01/1986, n. 73; Cass. Sez. 6 – 2, 15/12/2020, n. 28508).

Vertendosi in tema di interpretazione di una clausola arbitrale, l’accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del negozio si traduce in un’indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito. Ne consegue che detto accertamento è censurabile in sede di legittimità solo nel caso in cui la motivazione sia così inadeguata da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale un determinato contenuto oppure nel caso di violazione di norme ermeneutiche (Cass. Sez. 2, 28/05/2021, n. 14986; Cass. Sez. 6 – 1, 27/03/2012, n. 4919).

Il Tribunale di Torino ha coerentemente desunto la natura irrituale dell’arbitrato dalla qualificazione degli arbitri come “amichevoli compositori” ed ha altresì – in presenza di una clausola compromissoria che prevede il deferimento ad arbitri di qualsiasi controversia tra amministratore e singoli condomini comunque riguardante l’interpretazione e l’applicazione del regolamento di condominio – plausibilmente ricompreso nelle attribuzioni del collegio arbitrale l’impugnazione di una deliberazione assembleare concernente la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni, trattandosi comunque di causa attinente all’aspetto attuativo del regolamento (si veda in tal senso Cass. Sez. 2, 19/09/1968, n. 2960).

Non ha rilievo il precedente menzionato dal ricorrente nella memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, costituito da Cass. Sez. 2, 30/10/2007, n. 22841, atteso che in quel caso la vicenda concerneva un’ingiunzione di pagamento per contributi condominiali che non involgeva questioni di interpretazione del regolamento, e la clausola compromissoria riportava una frase priva di senso compiuto, riferendosi a “qualsiasi controversia fra i condomini o fra amministratore avente ad oggetto..”.

Non risulta, peraltro, accertato nella sentenza impugnata se la clausola compromissoria per arbitrato irrituale di cui all’art. 28 del regolamento condominiale fosse stata stipulata prima o dopo la data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 40 del 2006, e ciò ai fini dell’applicabilità dell’art. 808-quater c.p.c., secondo il quale, nel dubbio, la convenzione di arbitrato si interpreta nel senso che la competenza arbitrale si estende a tutte le controversie che derivano dal rapporto cui la convenzione si riferisce. Nella memoria ex art. 378 c.p.c., del ricorrente si espone che il regolamento condominiale (e quindi anche la clausola compromissoria ivi inserita) è “risalente agli anni âEuroËœ70”. In ogni caso, anche alla stregua dei principi affermati per le fattispecie cui non sia applicabile ratione temporis il citato art. 808 quater c.p.c., la clausola compromissoria inerente alle “controversie che riguardano la interpretazione e la qualificazione del presente regolamento che possano sorgere tra l’amministratore ed i singoli condomini” deve essere interpretata nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le controversie che si riferiscono a pretese aventi la “causa petendi” nel rapporto cui la clausola si riferisce (cfr. Cass. Sez. 3, 31/10/2019, n. 28011).

Nel dare senso all’espressione “controversie… tra l’amministratore ed i singoli condomini”, conformemente all’interpretazione che si fa dell’art. 23 c.p.c., essa è da intendere comprensiva delle cause in cui l’amministratore del condominio agisce in rappresentanza degli altri condomini, essendo del resto i soli condomini, e non anche l’amministratore, le parti del regolamento di condominio e perciò anche della clausola compromissoria in esso contenuta.

Va pertanto enunciato il seguente principio:

la clausola compromissoria per arbitrato irrituale contenuta in un regolamento di condominio, la quale stabilisce che siano definite dagli arbitri le controversie che riguardano la interpretazione e la qualificazione del regolamento che possano sorgere tra l’amministratore ed i singoli condomini, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivo della pretesa o comunque aventi causa petendi connesse con l’operatività del regolamento stesso, il quale, in senso proprio, è l’atto di autorganizzazione a contenuto tipico normativo approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dell’art. 1136 c.c., comma 2 e che contiene le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonchè le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione (art. 1138 c.c., comma 1).

Il ricorso viene perciò rigettato e il ricorrente viene condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 febbraio 2022.