Sentenza 8928/2014
Violazioni al codice della strada – Opposizione ordinanza ingiunzione – Giurisdizione del giudice ordinario
La cognizione delle opposizioni alle ordinanze ingiunzioni applicative di sanzioni per la violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale è attribuita dall’art. 205 del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 all’autorità giudiziaria ordinaria, dovendosi escludere la configurabilità di una competenza del giudice tributario trattandosi di sanzioni che, se pure irrogate da uffici finanziari, sono conseguenti a violazioni di disposizioni non aventi natura fiscale, per cui la controversia non ha ad oggetto l’esercizio del potere impositivo, sussumibile nello schema potestà-soggezione, bensì un rapporto, che implica un accertamento meramente incidentale.
Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza 17-4-2014, n. 8928 (CED Cassazione 2014)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La (OMISSIS) S.p.A. – ha proposto ricorso per cassazione contro (OMISSIS), per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con cui il Giudice di Pace di Bari, pronunciando sulla opposizione, avverso invito al pagamento di cartelle esattoriali, proposta dalla (OMISSIS), ha dichiarato l’inefficacia, annullandola, della nota stessa, nonchè degli atti ad essa collegati e/o presupposti, emessa dalla incorporata (OMISSIS) spa in data 30 luglio 2005; tanto, nella considerazione che il contenuto della nota era inidoneo a rendere edotta la contribuente delle ragioni della pretesa fiscale.
L’impugnazione è stata affidata a due motivi, con i quali la decisione impugnata viene censurata per violazione dell’art. 156 c.p.c., Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, art. 50, comma 2, nonchè della Legge n. 689 del 1981, articoli 22 e 23; ed altresì, per violazione e falsa applicazione degli articoli 102 e 112 c.p.c., art. 132 c.p.c., n. 4, art. 156 c.p.c., comma 2, e Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 2, e difetto di Giurisdizione del Giudice adito.
Sotto il primo profilo, è stata denunciata la violazione delle norme in rubrica, rilevandosi che la nota di sollecito di pagamento impugnata, anche se contenente riferimento alle cartelle presupposte nonchè invito al relativo pagamento, con avvertenza che, in mancanza, si sarebbe proceduto ad espropriazione forzata, non è annoverata tra gli atti impugnabili di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 19, non è produttiva di effetti giuridici e non era, quindi, ricorribile. Con il secondo mezzo, la decisione viene censurata di nullità, sia per difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, connesso al fatto che le cartelle impugnate afferivano a violazione del codice della strada, sia pure per avere emesso una pronuncia in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
L’intimata non ha svolto difese in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte conosce dell’impugnazione in base alla disciplina, applicabile ratione temporis, di cui al combinato disposto dell’art. 339 c.p.c., e D.lgs. n. 40/2006, art. 26, trattandosi di sentenza emessa il 15.02.2006 e pubblicata l’01 marzo 2006.
Va, preliminarmente, esaminata la questione relativa al denunciato difetto di giurisdizione, proposta con il secondo mezzo, stante la relativa pregiudizialità logica e giuridica.
Trattasi di censura che deve ritenersi infondata, alla stregua di consolidato principio, affermato da questa Corte e condiviso dal Collegio, ed in relazione al quale la controversia di che trattasi non offre elementi per una riconsiderazione critica.
Si è, in vero, ritenuto (Cass. SS.UU. n 25833/2007, n.116/2007, n. 15810/2003, n. 12879/2004 n. 18880/2012) che “La cognizione delle opposizioni alle ordinanze ingiunzioni applicative di sanzioni per la violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale e1 attribuita dal Decreto Legislativo n. 285 del 1992, art. 205, all’autorità1 giudiziaria ordinaria”.
Il Collegio, nell’esame della fattispecie, non ravvisa ragioni idonee per discostarsi dal trascritto principio, che può considerarsi frutto di un ormai consolidato orientamento, che trova riscontro in numerose, anche recenti, pronunce (Cass. SS.UU. n. 15846/2009, n. 23206/2009, n. 356/2010, n. 23107/2010, n. 24678/2011, n. 175/2012, n. 6606/2012), che si sono così allineate alla sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 2008, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 2, (come sostituito dalla Legge n. 448 del 2001, art. 12, comma 2), nella parte in cui attribuiva alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate da uffici finanziari, anche quando conseguenti alla violazione di disposizioni non aventi natura fiscale. Deve, dunque, escludersi, nel caso, la giurisdizione del giudice tributario, trattandosi di controversia avente ad oggetto la contestazione e l’irrogazione delle sanzioni connesse alla violazione delle norme del codice della strada.
D’altronde, la questione relativa agli elementi indefettibili propri del rapporto tributario, è stata, altresì, affrontata dalle Sezioni Unite della Corte, in pronunce ancor più recenti, nelle quali, non solo è stato ribadita l’irrilevanza della circostanza che la sanzione venga inflitta da un Ufficio Finanziario, dovendosi la natura tributaria o meno del rapporto accertarsi su un piano meramente oggettivo (Cass. n. 3039/2013), ma è stato, pure, puntualizzato che deve ritenersi rientrare nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia, in tutti i casi in cui non abbia ad oggetto l’esercizio del potere impositivo, sussumibile nello schema potestà – soggezione, bensì un rapporto implicante un accertamento, avente valore meramente incidentale (Cass. n. 14302/2013). Conclusivamente il primo motivo del ricorso va rigettato e, quindi, va riconosciuto ed affermato che la materia relativa alla sanzioni irrogate per la violazione delle norme del codice della strada, rientra nella Giurisdizione del Giudice Ordinario. Passando all’esame della questione posta con il primo mezzo, – con il quale si deduce l’inammissibilità dell’originario ricorso in quanto la nota 30 luglio 2005 non sarebbe annoverata tra i provvedimenti impugnabili di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 19, – ritiene il Collegio che la stessa vada esaminata e decisa in base a principio condiviso, espressione di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale. è stato, infatti, affermato (Cass. n. 12194/2008, SS. UU. n. 16293/2007), che, “In tema di contenzioso tributario, sono qualificabili come avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai sensi del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, tutti quegli atti con cui l’Amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorchè tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento, sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non assumendo alcun rilievo la mancanza della formale dizione avviso di liquidazione o avviso di pagamento o la mancata indicazione del termine o delle forme da osservare per l’impugnazione o della commissione tributaria competente, le quali possono dar luogo soltanto ad un vizio dell’atto o renderlo inidoneo a far decorrere il predetto termine, o anche giustificare la rimessione in termini del contribuente per errore scusabile”.
Nel caso, si evince dall’impugnata sentenza che la ricorrente ha proposto impugnazione avverso “le cartelle esattoriali n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS), n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) di cui alla nota, contenente la richiesta n. (OMISSIS), della (OMISSIS) spa in data 30 luglio 2005, nonchè avverso gli atti ad esse collegati”.
è, altresì, incontroverso che la nota impugnata, non solo riferiva alle precitate cartelle di pagamento, ma conteneva una esplicita richiesta di pagamento, portante il carico fiscale per sorte ed accessori e, quindi, che trattavasi di pretesa ben definita nel quantum, ancorchè non adeguatamente esplicitata nel relativo procedimento di determinazione, formalizzata, peraltro, con l’espressa previsione che, in caso di inottemperanza, decorsi quindici giorni, si sarebbe proceduto ad esecuzione forzata. L’atto, dunque, non poteva, in alcun modo, essere considerato un mero avviso bonario, sia avuto riguardo alla definitività della pretesa ed alla specificità e perentorietà della richiesta, sia pure della circostanza che esplicitava e richiamava le cartelle esattoriali che ne costituivano il presupposto, sia, infine, in considerazione della procedura esecutiva minacciata ed incombente.
La circostanza che in una alla nota 30 luglio 2005 risultavano impugnate le cartelle presupposte e poste a base della richiesta di pagamento, oltretutto, rendeva, di per sè, ammissibile l’impugnazione, stante la specifica disposizione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, art. 19, comma 3.
Peraltro, nel caso, la natura e la portata degli atti impugnati sono state verificate e valutate dal Giudice di merito, il quale ha, pure, rilevato che l’eccepita omessa notifica degli atti prodromici non era stata contestata e contrastata dalla concessionaria, la quale in giudizio aveva “omesso il deposito degli atti comprovanti la legittimità delle somme richieste”;
circostanza quest’ultima che, in questa sede, la ricorrente ha inteso supportare con l’elencazione degli avvisi di ricevimento delle cartelle e l’allegazione che gli stessi “sono stati prodotti agli atti”.
Il profilo di doglianza risulta inammissibile, per difetto di autosufficienza, non risultando indicati tempi e modalità della produzione (Cass. n. 8569/2013, n. 4220/2012, n. 6937/2010).
Le precedenti considerazioni inducono a ritenere infondata anche l’ulteriore censura, dedotta con il secondo mezzo, con la quale si sostiene che la decisione impugnata sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere emesso una pronuncia in violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Infatti, la decisione impugnata, come anzi rilevato, ha esplicitato che l’impugnazione è stata proposta avverso la nota 30 luglio 2005 della concessionaria e le cartelle nella stessa indicate, nonchè “gli atti ad esse collegate” e, quindi, ha emesso una statuizione, sul piano logico e giuridico coerente e corretta, dichiarando inefficace ed annullando “la nota n. 57235742, emessa dalla (OMISSIS) spa in data 30 luglio 2005 ed ogni atto ad essa collegato e/o presupposto”.
Ciò stante, avuto riguardo alla realtà fattuale verificata e presupposta, deve escludersi che la decisione sia affetta dal denunciato vizio, tenuto conto, peraltro, che “Nell’esercizio del potere di interpretazione e qualificazione della domanda, il giudice di merito non e1 condizionato dalla formula adottata dalla parte, dovendo egli tener conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dal provvedimento in concreto richiesto (Cass. n. 20322/2005, n. 27/2000, n. 8879/2000).
Conclusivamente, il ricorso va rigettato.
Non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte, rigetta i motivi del ricorso, riconoscendo e dichiarando la giurisdizione del Giudice Ordinario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 25 febbraio 2014.