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Cassazione Civile 9226/2022 – Opposizioni esecutive – Formulazione di domande o deduzione di motivi nuovi rispetto a quelli formulati nell’atto introduttivo

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Ordinanza 9226/2022

Opposizioni esecutive – Formulazione di domande o deduzione di motivi nuovi rispetto a quelli formulati nell’atto introduttivo – Ammissibilità – Esclusione

Nelle opposizioni esecutive non è ammessa la formulazione di domande nuove, né la deduzione di motivi ulteriori rispetto alle domande avanzate ed ai motivi dedotti nell’atto introduttivo, anche se tali da comportare la caducazione del titolo esecutivo o, comunque, l’insussistenza del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata.

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 22-3-2022, n. 9226

Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza

Art 617 cpc (Opposizione agli atti esecutivi) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto opposizione, ai sensi dell’art. 615, comma 1, c.p.c., al precetto di pagamento della somma di Euro 95.359,20, oltre spese ed accessori, loro intimato dalla (OMISSIS) S.p.A., in rappresentanza della (OMISSIS) S.r.l., cessionaria del credito portato da titolo di formazione giudiziale (decreto ingiuntivo) in precedenza ottenuto da altra banca ( (OMISSIS) S.p.A.).

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Foggia.

La Corte di Appello di Bari ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorre (OMISSIS), sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso (OMISSIS) S.p.A. (cessionaria delle posizioni soggettive di cui era titolare la (OMISSIS) SPV S.r.l., già (OMISSIS) S.p.A.).

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli altri intimati.

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa/errata applicazione di norme di diritto (Art. 107 del D.Lgs. n. 385/1993, acronimo T.U.B. o T.U.L.B.; art. 3, comma 3, della Legge n. 130/1999, cartolarizzazione dei crediti; art. 2 del D.M. Tesoro 04 aprile 2001 in G.U. n. 90 del 18.04.2001; art. 1353 c.c.; art. 2907 c.c.; art. 2697 c.c.; art. 116 c.p.c.; art. 345, comma 2, c.p.c.; art. 555 c.p.c.; art. 24 Cost.; art. 111 Cost.) e nullità della sentenza per violazione ed errata applicazione delle norme sulla legittimazione processuale e sulla titolarità della posizione soggettiva oggetto dell’azione, per violazione dell’art. 112 c.p.c., e per omissione processuale”.

1.1 Si premette che il decreto ingiuntivo sulla base del quale è stato intimato il precetto oggetto della presente opposizione, è stato emesso in favore della (OMISSIS) S.p.A..

La (OMISSIS) S.p.A., in rappresentanza della (OMISSIS) S.r.l., che frattanto si era resa cessionaria dei relativi crediti, ha notificato il precetto, ha partecipato al giudizio di primo grado e si è costituita anche nel giudizio di secondo grado, quale opposta.

Nel corso del giudizio di secondo grado, si è costituita volontariamente la (OMISSIS), Società cooperativa, quale nuova rappresentante della (OMISSIS) S.r.l., che aveva revocato la procura in precedenza conferita alla (OMISSIS) S.p.A., società che si era poi anche sciolta. Successivamente, dopo la sentenza di appello e prima del ricorso per cassazione, la (OMISSIS) S.r.l., ha ulteriormente ceduto i crediti per cui è causa alla (OMISSIS) S.p.A..

1.2 Il ricorrente deduce, in primo luogo, che la corte di appello avrebbe erroneamente consentito la sostituzione della parte costituita quale opposta nel giudizio di appello, (OMISSIS) S.p.A., con la (OMISSIS) Società cooperativa, volontariamente intervenuta nel giudizio stesso.

La censura è manifestamente infondata, in quanto la nuova rappresentante dell’opposta, dotata dei necessari poteri, certamente era legittimata a costituirsi nel giudizio pendente, ai sensi dell’art. 111 c.p.c.. Nè la estromissione di fatto della precedente rappresentante, (OMISSIS) S.p.A., peraltro anche in virtu’ del suo scioglimento e della sua cancellazione dal registro delle imprese, puo’ ritenersi avere determinato alcun effettivo pregiudizio per gli opponenti soccombenti.

1.3 La decisione impugnata è contestata altresi’ in relazione alla parte in cui la corte di appello ha ritenuto (nel dichiarare inammissibile il secondo motivo del gravame degli (OMISSIS)) che i crediti consacrati nel titolo esecutivo (il decreto ingiuntivo) fossero stati effettivamente ceduti dalla banca originaria creditrice alla (OMISSIS) S.r.l. e per non avere rilevato, eventualmente anche di ufficio, un preteso difetto di legittimazione processuale e/o sostanziale delle società opposte.

La censura non coglie adeguatamente il senso e l’oggetto della decisione impugnata.

La corte di appello ha infatti dichiarato inammissibile il secondo motivo dell’appello degli (OMISSIS) in quanto con lo stesso erano state avanzate questioni ed eccezioni nuove, non oggetto dell’opposizione iniziale.

Piu’ precisamente, la corte territoriale ha puntualizzato che, con la loro originaria opposizione al precetto, gli (OMISSIS) si erano limitati unicamente a contestare una pretesa “confusione” tra il soggetto intimante ( (OMISSIS) S.p.A.) e quello legittimato ad incassare le somme dovute ( (OMISSIS) S.r.l.), motivo di opposizione che non solo non poteva essere interpretato come una contestazione della dedotta cessione dei crediti oggetto dell’intimazione in favore di quest’ultima, ma anzi presupponeva, implicitamente ma inequivocabilmente, tale cessione. Di conseguenza, la contestazione della sussistenza di adeguata prova della suddetta cessione (prova ritenuta del resto superflua dallo stesso giudice di primo grado, in virtu’ del principio di non contestazione), oggetto del secondo motivo dell’appello, non costituendo uno dei motivi originariamente posti a base dell’opposizione, non rientrava nell’oggetto del giudizio e non poteva essere avanzato in un secondo momento, nel corso del giudizio stesso nè, tanto meno, posto di ufficio a fondamento della sua decisione dal giudice dell’opposizione.

Sotto questo aspetto, la decisione impugnata è del tutto conforme ai principi costantemente affermati da questa Corte, che vanno anche in questa sede confermati e ribaditi, secondo cui non sono ammesse, nelle opposizioni esecutive, domande nuove ed ulteriori rispetto a quelle avanzate con l’atto introduttivo e, del pari, deve escludersi che l’opposizione all’esecuzione possa essere accolta sulla base di motivi diversi da quelli posti alla sua base e rilevati di ufficio dal giudice dell’opposizione stessa, anche se tali da comportare la caducazione del titolo esecutivo o, comunque, l’insussistenza del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata (cfr., in motivazione, Cass., Sez. U, Sentenza n. 19889 del 23/07/2019, Rv. 654839 – 01 e Sez. U, Sentenza n. 25478 del 21/09/2021, Rv. 662368 – 01).

L’osservazione che segue, nella motivazione della decisione impugnata, in ordine alla corretta individuazione della (OMISSIS) S.r.l. quale cessionaria dei crediti oggetto dell’intimazione contestata, è poi espressamente enunciata dalla corte di appello – dopo aver dichiarato inammissibile il motivo di impugnazione ed essersi cosi’ spogliata della potestas iudicandi sulla questione – a titolo di “mera completezza”: dunque, secondo i principi di diritto costantemente affermati da questa Corte, essa non ha effettivo rilievo ai fini della decisione, onde la relativa contestazione è inammissibile in sede di impugnazione, per difetto di interesse (Cass., Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007, Rv. 595555 – 01; Sez. L, Sentenza n. 13997 del 15/06/2007, Rv. 597672 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15234 del 05/07/2007, Rv. 598305 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 9647 del 02/05/2011, Rv. 616900 – 01; Sez. U, Sentenza n. 15122 del 17/06/2013, Rv. 626812 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 17004 del 20/08/2015, Rv. 636624 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30393 del 19/12/2017, Rv. 646988 – 01; Sez. 1, Ordinanza n. 11675 del 16/06/2020, Rv. 657952 – 01; Sez. U, Sentenza n. 2155 del 01/02/2021, Rv. 660428 – 02).

1.4 Anche tutte le ulteriori questioni poste con il motivo di ricorso in esame, in relazione all’operatività della cessione ed alla “legittimazione” processuale della società creditrice intimante (ivi incluse quelle relative alle vicende del pignoramento, evidentemente estranee all’oggetto del presente giudizio di opposizione anteriore all’inizio dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1,) restano assorbite in virtu’ delle considerazioni appena esposte, che hanno evidentemente carattere decisivo ed assorbente.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa/errata applicazione di norme di diritto (norme processuali riguardanti la condanna alle spese di lite; art. 24 Cost.; art. 111 Cost.; art. 96 c.p.c.)”.

Il ricorrente contesta la decisione della corte di appello sulle spese del giudizio di secondo grado, al pagamento delle quali è stato condannato (unitamente all’altro appellante), nonchè la mancata condanna delle controparti ai sensi dell’art. 96 c.p.c.: sostiene che il primo motivo dell’appello sarebbe stato accolto e, quindi, egli non sarebbe da considerare integralmente soccombente in secondo grado.

In ogni caso, sostiene che l’appello era fondato e, anche per questo, gli appellanti non avrebbero dovuto essere condannati al pagamento delle spese del grado.

La prima censura è manifestamente infondata: l’appello non è stato accolto, neanche in parte, ma integralmente rigettato (con conferma del rigetto integrale dell’opposizione già statuita in primo grado). I giudici di secondo grado hanno semplicemente rigettato un’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello avanzata dall’appellata e, al tempo stesso, accolto una istanza di correzione di un errore materiale contenuto nell’epigrafe della sentenza di primo grado (in relazione all’indicazione dell’opposizione come opposizione all’esecuzione invece che agli atti esecutivi), il che non comporta – ovviamente – la sussistenza di una situazione di reciproca soccombenza delle parti nel grado, avendo rilievo a tale fine esclusivamente l’esito dell’impugnazione (nella specie integralmente respinta, come già chiarito).

La seconda censura, che si risolve in una mera conseguenza dell’auspicato accoglimento del ricorso, è assorbita dal rigetto del primo motivo, attinente al merito e, quindi, del ricorso stesso.

3. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data 24 gennaio 2022.