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Cassazione Civile 9318/2019 – Inosservanza della p.a. nella gestione e manutenzione dei propri beni – Giurisdizione del giudice ordinario

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Ordinanza 9318/2019

Inosservanza della p.a. nella gestione e manutenzione dei propri beni – Giurisdizione del giudice ordinario

L’inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un “facere”, giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere”. Né è di ostacolo il disposto dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000 – che devolve al giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia – giacché, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento a controversia promossa dalla proprietaria di un immobile nei confronti di un comune al fine di ottenerne la condanna all’esecuzione delle opere necessarie ad eliminare la causa degli allagamenti che interessavano il proprio bene, identificata nell’insufficienza del sistema di raccolta delle acque reflue).

Cassazione Civile, Sezione 3 , Ordinanza 4-4-2019, n. 9318   (CED Cassazione 2019)

Art. 2043 cc (Risarcimento per fatto illecito) – Giurisprudenza

Art. 2051 cc (Danno cagionato da cose in custodia) – Giurisprudenza

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20/6/2016 la Corte d’Appello di Bari ha respinto il gravame interposto dalla sig. (OMISSIS) in relazione alla pronunzia Trib. Bari 30/12/2009, di parziale accoglimento della domanda proposta nei confronti del Comune di Putignano di risarcimento dei danni subiti nell’immobile di proprietà in conseguenza di allagamento in ragione “dell’insufficiente sistema di raccolta delle acque reflue”, con rigetto in particolare della domanda di rimozione “delle cause dei frequenti allagamenti che accadevano nell’immobile”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la (OMISSIS) propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1° motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 353 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1° co. nn. 3 e 4, c.p.c.

Si duole che erroneamente la corte di merito non abbia rimesso la causa al giudice di prime cure nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento in forma specifica del subito danno in ragione dell’erroneamente ravvisato “divieto per il giudice ordinario di emettere nei confronti della P.A. una condanna ad un tacere”.

Lamenta che “sul punto la ricostruzione della decisione di primo grado eseguita dalla Corte appare del tutto errata”, in quanto “il Tribunale… non ritiene affatto “insufficientemente determinata la domanda di condanna all’obbligo di fare”” bensì “tout court di non poter condannare la p.a. in quanto “giudice ordinario””; e che erroneamente “il Collegio barese ha dichiarato l’inammissibilità della domanda perchè variata da “tacere generico” nell’atto di citazione in primo grado, a tacere “specifico” nelle conclusioni di appello”, trattandosi nella specie di mera emendatio della domanda, consentita allorquando come nella specie “la modifica della domanda originale venga ad incidere sul petitum mediato solo nel senso di adeguarlo in una direzione più idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene materiale oggetto dell’originaria domanda”.

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto più volte modo di affermare a seguito della sentenza Corte Cost. n. 204 del 2004 (applicabile anche ai giudizi in corso) – con la quale è stata dichiarata la parziale illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 80 del 1998, art. 34 (nel testo novellato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7), nella parte in cui devolveva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie, in materia urbanistica ed edilizia, nelle quali vi sia stato, non già un atto o un provvedimento della P.A., ma un comportamento di questa non altrimenti qualificato l’inosservanza da parte della P.A., nella sistemazione e manutenzione di una strada, delle regole tecniche ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza integranti il precetto di cui all’art. 2043 c.c., può essere denunziata dal privato davanti al giudice ordinario, sia quando tenda a conseguire la condanna ad un tacere, sia quando abbia per oggetto la richiesta del risarcimento del danno patrimoniale, giacchè una siffatta domanda non investe scelte ed atti autoritativi della P.A., bensì un’attività, soggetta al rispetto del principio del neminem laedere (v. Cass., Cass., Sez. Un., 22/12/2010, n. 25982; Cass., Sez. Un., 13/12/2007, n. 26108; Cass., Sez. Un., 20/10/2006, n. 22521. E già Cass., Sez. Un., 14/01/2005, n. 599. Conformemente v. altresì Cass., 24/06/2009, n. 14771).

In altri termini, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella del giudice amministrativo conoscere della domanda con cui un privato chiede la condanna della P.A. ad eseguire su un bene pubblico le opere necessarie per eliminare le cause che provocano danni al proprio bene, atteso che nella relativa controversia non è in gioco una posizione di supremazia della P.A. che si sia manifestata attraverso atti o provvedimenti, ma è in discussione l’osservanza da parte dell’ente pubblico del generale principio del neminem laedere, che si sostanzia, nella specie, nel dovere di sistemazione e di manutenzione dei beni pubblici in conformità con le normali regole di prudenza e di diligenza, al fine di evitare che essi possano recare danno a terzi (v., con riferimento a lavori occorrenti per eliminare le infiltrazioni d’acqua provenienti da una strada comunale ed annessa aera di parcheggio in danno di un edificio condominiale, Cass., Sez. Un., 28/11/2005, n. 25036).

Va ulteriormente posto in rilievo come per altro verso si sia da questa Corte, anche a Sezioni Unite, già avuto modo di porre in rilievo che ove il giudice di primo grado dichiari il difetto di giurisdizione sulla domanda, ritenendo che questa solleciti una pronuncia del giudice amministrativo, il giudice di secondo grado il quale affermi la giurisdizione negata dalla prima sentenza deve fare applicazione dell’art. 353 c.p.c., indipendentemente dal fatto che le parti abbiano formulato conclusioni di merito, e rimettere la causa al primo giudice, con la conseguenza che ove a ciò non provveda, statuendo nel merito, la cassazione della relativa decisione deve essere disposta direttamente con rinvio al primo giudice (v. Cass., Sez. Un., 20/5/2014, n. 11027; Cass., 2/8/2000, n. 10139; Cass., Sez. Un., 10/8/1999, n. 583. E già Cass., 23/2/1995, n. 2059), trattandosi di valutazione aggiuntiva, non idonea ad integrare statuizione di merito alla stregua della pregiudiziale declinataria della giurisdizione (v. Cass., Sez. Un., 9/11/1985, n. 5469), senza che in ciò possa ravvisarsi una lesione della ragionevole durata del processo (v. Cass., Sez. Un., 31/5/2017, n. 13722).

Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.

In particolare là dove, nel ritenere sussistente nella specie la giurisdizione del giudice ordinario, ha esaminato la causa nel merito anzichè rimetterla in primo grado, pur se il giudice di prime cure non aveva proceduto alla disamina della domanda di risarcimento in forma specifica nei confronti della P.A. in ragione dell’erroneamente ravvisato difetto di giurisdizione del giudice ordinario al riguardo.

Dell’impugnata sentenza, in accoglimento del 1 motivo di ricorso assorbiti gli altri con i quali la ricorrente denunzia violazione degli artt. 112, 329, 342 e 346 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (2 motivo), “violazione e falsa applicazione” degli artt. 345, 112 e 163 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, (3 motivo), “violazione e falsa applicazione” dell’art. 353 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, (4 motivo), dolendosi sostanzialmente dell’erroneamente ritenuta insussistenza nella specie della responsabilità del Comune, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio al Tribunale di Bari, che in diversa composizione procederà al non compiuto esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1° motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Bari, in diversa composizione.

Roma, 20/11/2018