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Cassazione Civile 9356/2023 – Accertamento tecnico preventivo – Decreto di omologa ex art. 445-bis cpc – Mancata assegnazione del termine per le contestazioni – Ricorribilità in cassazione ex art. 111 Cost.

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Ordinanza 9356/2023

Accertamento tecnico preventivo – Decreto di omologa ex art. 445-bis cpc – Mancata assegnazione del termine per le contestazioni – Ricorribilità in cassazione ex art. 111 Cost.

Il decreto di omologa dell’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 445-bis c.p.c. è ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., se pronunziato dal giudice senza la previa fissazione – con decreto comunicato alle parti e all’esito delle operazioni di consulenza – di un termine non superiore a trenta giorni per contestare le conclusioni del c.t.u., perché proprio dallo spirare del predetto termine (posto a salvaguardia del diritto di difesa) deriva, in difetto di contestazioni, l’intangibilità dell’accertamento.

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Ordinanza 5-4-2023, n. 9356   (CED Cassazione 2023)

 

 

FATTI DI CAUSA

1.- Il signor (OMISSIS) ha proposto istanza di
accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni
d’invalidità (art. 445-bis, primo comma, cod. proc. civ.), in vista del
conseguimento dell’assegno mensile a favore di mutilati e invalidi
civili (art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, recante
«Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e
nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili»).

Con decreto del 18 settembre 2019, il Tribunale di Trani ha
omologato l’accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze
probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico d’ufficio e
non contestate.

Il Tribunale, in applicazione dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ.,
ha dichiarato non dovuta all’INPS la rifusione delle spese del
procedimento e ha posto a carico dell’Istituto, in via definitiva, le
spese della consulenza tecnica d’ufficio.

2.- Il signor (OMISSIS) impugna per cassazione il decreto
di omologa, con ricorso notificato il 9 novembre 2019 e affidato a un
unico motivo.

3.- L’INPS si è limitato a depositare procura conferita in calce al
ricorso notificato, senza svolgere sostanziale attività difensiva.

4.- Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di
consiglio dinanzi a questa sezione, in base agli artt. 375, secondo
comma, e 380-bis.1. cod. proc. civ.

5.- Il pubblico ministero non ha depositato conclusioni scritte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Il signor (OMISSIS), con l’unico motivo, denuncia
violazione e falsa applicazione dell’art. 445-bis, quarto comma, cod.
proc. civ. e lamenta che il Tribunale di Trani abbia emesso decreto di
omologazione, pur non avendo assegnato il termine per esprimere il
dissenso. In tal modo, il Tribunale avrebbe pregiudicato le prerogative
difensive del ricorrente.

2.- Occorre esaminare, in primo luogo, l’ammissibilità dell’odierno
ricorso.

2.1.- Il giudice, quando non siano espresse contestazioni e non
sussistano i presupposti per la rinnovazione delle indagini peritali (art.
196 cod. proc. civ.), omologa l’accertamento del requisito sanitario,
secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del
consulente tecnico d’ufficio, e provvede sulle spese.

La legge qualifica tale decreto come «non impugnabile né
modificabile» (art. 445-bis, quinto comma, cod. proc. civ.).

2.2.- Questa Corte ammette l’impugnabilità per cassazione del
decreto con riguardo alle statuizioni sulle spese, sia di lite che di
consulenza, in quanto tali statuizioni integrano un provvedimento
definitivo, di carattere decisorio, lesivo dei diritti patrimoniali delle
parti e non altrimenti impugnabile (Cass., sez. lav., 17 marzo 2014,
n. 6085).

2.3.- Quanto al decreto emesso in mancanza di dissenso delle
parti, in linea generale non è ricorribile per cassazione.
Le conclusioni dell’accertamento divengono intangibili allorché non
siano contestate dalle parti, nel termine fissato dal giudice ai sensi del
quarto comma dell’art. 445-bis cod. proc. civ., prima dell’emissione
del decreto (Cass., sez. lav., 4 maggio 2015, n. 8878). Il decreto è
definitivo e non può essere successivamente contestato, neppure ai
sensi dell’art. 111 Cost. (Cass., sez. lav., 2 agosto 2019, n. 20847 e
Cass., sez. VI-L, 9 novembre 2016, n. 22721).

Il decreto di omologazione, invero, si limita a certificare l’accordo
delle parti sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio (Cass.,
sez. lav., 14 febbraio 2022, n. 4731) e l’esclusione della ricorribilità
per cassazione si giustifica anche alla stregua della necessità di
contemperare le esigenze di tutela del diritto di difesa con quelle di
garanzia della ragionevole durata del processo (sentenza n. 8878 del
2015, cit.).

3.- Tali conclusioni, che si devono ribadire, poggiano sul
presupposto che sia stata rispettata la scansione delineata dalla legge
e che il dissenso non sia stato esternato nel termine assegnato con
apposito decreto.

L’art. 445-bis, quarto comma, cod. proc. civ., richiamato a
sostegno del ricorso, prescrive al giudice, una volta che siano
terminate le operazioni di consulenza, di fissare alle parti un termine
perentorio non superiore a trenta giorni. Il giudice provvede alla
fissazione del termine con decreto comunicato alle parti. Entro il
termine assegnato dal giudice le parti possono dichiarare, con atto
scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le
conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

È significativo che il legislatore presidi il procedimento in esame,
pur improntato a esigenze di speditezza, con puntuali cautele e con
incisive garanzie.

Ciascuno degl’incombenti sanciti dalla legge adempie a una
precisa funzione.

Il termine per il dissenso dev’essere assegnato con decreto e il
decreto dev’essere emesso quando le operazioni peritali siano oramai
ultimate. Al giudice è così consentito di modulare il termine secondo
le peculiarità della vicenda concreta, senza frustrare le esigenze di
sollecita trattazione, che rendono invalicabile il termine di trenta
giorni.

Il provvedimento del giudice dev’essere comunicato alle parti. La
comunicazione è funzionale all’esercizio della facoltà di esprimere il
dissenso nelle forme prescritte dal codice di rito (atto scritto
depositato in cancelleria), anche con riguardo agli aspetti preliminari
oggetto di verifica giudiziale, come i presupposti processuali e le
condizioni dell’azione (ordinanza n. 20847 del 2019, cit.).

La comunicazione risponde anche all’esigenza di fruire appieno di
un termine che la legge stessa qualifica come perentorio per
l’esercizio di una facoltà che è gravida d’implicazioni sul corso del
procedimento.

La scansione appena tratteggiata assume rilievo cruciale ai fini
della salvaguardia del diritto di difesa, alla luce delle ragguardevoli
implicazioni in punto d’intangibilità dell’accertamento del requisito
sanitario.

Solo l’osservanza di tali regole vale a conferire il crisma della
definitività all’accertamento del requisito sanitario omologato dal
giudice e giustifica la decadenza della parte dal potere di dare
ulteriore impulso al procedimento, con un atto di esplicito e univoco
dissenso che il legislatore ha voluto rivestire di forme tassative,
differenziandolo dalle osservazioni mosse durante lo svolgimento
delle operazioni peritali (Cass., sez. lav., 1° febbraio 2021, n. 2163).

Quando non sia rispettata la sequenza individuata dalla legge,
difettano le ragioni che questa Corte ha addotto per negare
l’impugnabilità ex art. 111 Cost.: non si ravvisa quell’accordo sulle
conclusioni del consulente e si pregiudica il diritto di difesa delle parti,
già vincolate a uno stringente termine perentorio, diritto di difesa che
il legislatore ha inteso invece bilanciare con le esigenze di celerità.

4.- Nel caso di specie, il ricorrente lamenta che l’inoppugnabilità
dell’accertamento del requisito sanitario, non altrimenti contestabile e
lesiva dei diritti della parte che non abbia potuto esprimere il
dissenso, discenda dalla violazione delle regole processuali.
Il ricorso, volto a rimuovere il pregiudizio di una definitività contra
legem, è, dunque, ammissibile, in applicazione del seguente principio
di diritto: «È impugnabile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. il
decreto con cui il giudice, sul presupposto dell’assenza di
contestazioni, omologhi e renda così definitivo l’accertamento del
requisito sanitario ai sensi dell’art. 445-bis, quinto comma, cod. proc.
civ., senza avere prima fissato con decreto comunicato alle parti,
all’esito delle operazioni di consulenza, un termine non superiore a
trenta giorni per contestare le conclusioni del consulente tecnico
d’ufficio».

5.- Nel merito, la doglianza è fondata.
Il ricorrente ha allegato e dimostrato, con la documentazione
richiamata a corredo della censura e descritta nei suoi dati salienti
(pagina 4 del ricorso), che il Tribunale si è limitato a comunicare il 6
maggio 2019 il deposito della consulenza tecnica d’ufficio, senza
provvedere all’assegnazione di un termine ai sensi dell’art. 445-bis,
quarto comma, cod. proc. civ., con apposito decreto.
Solo da tale decreto, emesso a conclusione delle operazioni
peritali e comunicato alle parti, può decorrere il termine perentorio
per contestare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, con la
conseguente preclusione di ulteriori contestazioni, nelle fasi
contenziose prefigurate dall’art. 445-bis, sesto e settimo comma, cod.
proc. civ., per la parte che non abbia esternato il dissenso secondo le
cadenze temporali individuate dalla legge e poi specificate dal giudice.

Di un espresso decreto di assegnazione del termine, comunicato
alle parti, non si rinviene traccia neppure nel decreto di omologazione
impugnato in questa sede, che si limita a fare generico richiamo alle
disposizioni di legge, senza offrire più puntuali ragguagli in ordine
all’osservanza delle tassative prescrizioni che esse racchiudono.

Il decreto sottoposto all’odierno esame, nell’omologare
l’accertamento del requisito sanitario sulla base della mancanza di
contestazioni, incorre dunque nel vizio denunciato dalla parte
ricorrente.

6.- Ne consegue che il ricorso dev’essere accolto.

L’impugnato decreto di omologazione è cassato.

7.- La causa dev’essere rinviata al Tribunale di Trani, in persona
di diverso magistrato, che si uniformerà al seguente principio di
diritto: «L’intangibilità dell’accertamento del requisito sanitario,
omologato dal giudice secondo le risultanze probatorie indicate nella
relazione del consulente tecnico d’ufficio, presuppone che il giudice,
concluse le operazioni di consulenza, abbia assegnato con decreto
comunicato alle parti un termine per la contestazione delle conclusioni
del consulente tecnico d’ufficio, non superiore a trenta giorni, e che le
parti, con atto scritto depositato in cancelleria, non abbiano formulato
contestazioni di sorta nel termine assegnato, anche con riguardo agli
aspetti preliminari oggetto di verifica giudiziale (presupposti
processuali e condizioni dell’azione)»

8.- Al giudice di rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese
del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnato decreto e rinvia la
causa, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio, al

Tribunale di Trani, in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione
civile del 7 dicembre 2022.