Sentenza 9536/2023
Azione revocatoria intentata dal creditore di uno dei coniugi – Legittimazione passiva in capo ad entrambi i coniugi
L’azione revocatoria intentata dal creditore di uno dei coniugi nei riguardi dell’atto con cui un bene della comunione legale sia stato conferito in un fondo patrimoniale dev’essere rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex art. 2652, comma 1, n. 5 c.c.) nei confronti di entrambi i coniugi, essendo preordinata alla pronuncia d’inefficacia dell’atto nel suo complesso (vale a dire non limitatamente a un’inesistente quota pari alla metà del bene), siccome funzionale ad un’espropriazione forzata da compiersi anch’essa, necessariamente, sull’intero bene.
Trascrizione del pignoramento nei confronti di entrambi i coniugi
Nel caso di espropriazione di un bene in comunione legale per crediti personali di un solo coniuge, la trascrizione del pignoramento va eseguita anche nei confronti del coniuge non debitore, in quanto anch’egli soggetto passivo dell’espropriazione, considerato che nella struttura di fattispecie a formazione progressiva del pignoramento immobiliare la formalità pubblicitaria ha la funzione di completare il pignoramento e di renderlo opponibile ai terzi, dovendosi dar conto della natura di cespite in comunione legale nel quadro “D” della nota di trascrizione.
Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 7-4-2023, n. 9536 (CED Cassazione 2023)
Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria)
FATTI DI CAUSA
1.La (OMISSIS) S.c. agiva nei confronti del proprio debitore (OMISSIS) e di (OMISSIS) (moglie del (OMISSIS)) per
la revoca, ex art. 2901 cod. civ., del fondo patrimoniale costituito tra i
predetti coniugi sull’immobile di loro proprietà; il Tribunale di Lecce, con
la sentenza n. 1909 del 20/5/2013, dichiarava «inefficace nei confronti
della (OMISSIS) s.c.r.l., limitatamente alla quota di cui (OMISSIS) Carmine è proprietario dell’immobile …, l’atto per notar (OMISSIS) … con cui il
predetto convenuto e (OMISSIS) hanno costituito un
fondo patrimoniale conferendovi il predetto immobile».
2.Passata in giudicato la predetta decisione, la società promuoveva
la procedura esecutiva immobiliare n. 1020/2013 R.G. Esec. Imm. del
Tribunale di Lecce, assoggettando ad espropriazione la “quota” di proprietà del cespite appartenente a (OMISSIS), già oggetto
dell’azione revocatoria e della succitata pronuncia.
3.All’udienza del 9/3/2015, il giudice dell’esecuzione, richiamando
la decisione di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6575 del 14/03/2013, ordinava al creditore di estendere il pignoramento anche nei confronti della
(OMISSIS), coniuge in comunione legale del (OMISSIS) e, come tale, contitolare (senza quote) dell’immobile staggito.
4.La (OMISSIS) procedeva a un nuovo pignoramento, ma dell’intero cespite e in danno anche della (OMISSIS); questa proponeva
opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi in ragione della pretesa
impignorabilità del bene, in quanto destinato in fondo patrimoniale.5.Il giudice dell’esecuzione sospendeva l’esecuzione e l’ordinanza
veniva confermata dal Collegio in sede di reclamo.
6.Nella seconda fase dell’opposizione, il Tribunale di Lecce, con la
sentenza n. 2273 dell’1/7/2019, statuiva che il giudizio di merito ex art.
616 cod. proc. civ. era stato tardivamente introdotto dalla creditrice opposta (poiché il termine concesso non era stato rispettato eseguendo la
«previa iscrizione a ruolo della causa»), la cui iniziativa era reputata
inammissibile; nondimeno, il giudice di prime cure ribadiva l’impignorabilità dell’immobile in comunione legale e costituito in fondo patrimoniale.
7.Proponeva appello la (OMISSIS), che censurava la decisione
del Tribunale sia con riguardo alla declaratoria di inammissibilità della
causa di cognizione introdotta dalla creditrice, sia in riferimento agli assunti di impignorabilità dell’immobile in fondo patrimoniale e di improponibilità dell’azione esecutiva.
8.Con la sentenza n. 100 del 27/1/2021, la Corte d’appello di Lecce
accoglieva parzialmente l’impugnazione: il riferimento normativo alla
«previa iscrizione a ruolo» doveva essere considerato «una infelice
espressione di tecnica legislativa» e doveva, invece, ritenersi tempestivamente incardinato il giudizio di merito, avendo l’opposta notificato
l’atto di citazione entro il termine assegnato dal giudice dell’esecuzione.
9.Sul merito, il giudice del gravame affermava che «la quota indivisa
di proprietà di (OMISSIS) … non è pignorabile; il divieto è posto dall’art. 170 c.c.», in quanto la domanda di revocatoria del
fondo era stata accolta limitatamente alla quota del (OMISSIS); prendendo
atto della dichiarata inefficacia (soltanto) parziale dell’atto di disposizione (ormai res iudicata), la Corte territoriale accoglieva l’opposizione,
così in sostanza dichiarando illegittimo il pignoramento avente ad oggetto l’intero bene in comunione legale.
10. Avverso tale decisione, la (OMISSIS) S.c. proponeva ricorso per cassazione, basato su tre motivi; resistevano con controricorso (OMISSIS) e (OMISSIS).
11. Per la trattazione della controversia è stata fissata l’udienza
pubblica del 14/2/2023; il ricorso è stato trattato e deciso in camera di
consiglio – in base alla disciplina dettata dall’art. 23, comma 8-bis, del
D.L. n. 137 del 2020, inserito dalla Legge di conversione n. 176 del 2020
e successivamente più volte prorogato – senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati avanzato tempestiva richiesta di discussione orale.
12. Nelle sue conclusioni motivate scritte il Pubblico Ministero
concludeva per l’accoglimento di tutti i motivi del ricorso.
13. Le parti depositavano memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc.
civ., la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.
2901 e 2910 cod. civ., per avere il giudice d’appello ritenuto che l’inefficacia del fondo patrimoniale riguardasse esclusivamente la quota del
(OMISSIS), anziché l’atto dispositivo nel suo complesso; afferma la ricorrente che la revocatoria del fondo patrimoniale doveva necessariamente
spiegare i suoi effetti nei confronti di entrambi i coniugi in comunione
legale, in considerazione delle finalità dell’azione ex art. 2901 cod. civ..
2.Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.
proc. civ., la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2901, 2910 e 191
cod. civ., per avere la Corte d’appello omesso di considerare che, col
conferimento del bene in fondo patrimoniale, la comunione legale su
tale cespite si era trasformata in comunione semplice, alla stessa stregua dei beni per i quali non si stabilisca diversamente nell’atto di costituzione del vincolo; conseguentemente, una volta revocato l’atto dispositivo compiuto sulla quota, doveva reputarsi ammissibile l’aggressione
in executivis della medesima quota.
3.Le censure – che possono essere esaminate congiuntamente, perché tra loro connesse – pongono la questione degli effetti della revocatoria di un atto dispositivo che sia stata limitata ad una “quota” del bene
della comunione legale.
Tale questione presuppone l’esame della natura della comunione legale e delle modalità con cui dev’essere assoggettato ad esecuzione il
bene sottoposto a quel regime patrimoniale.
4.Già la sentenza della Corte Costituzionale n. 311 del 17/3/1988
aveva sottolineato la differenza ontologica tra la comunione legale e
quella ordinaria: «Dalla disciplina della comunione legale risulta una
struttura normativa difficilmente riconducibile alla comunione ordinaria.
Questa è una comunione per quote, quella è una comunione senza
quote; nell’una le quote sono oggetto di un diritto individuale dei singoli
partecipanti (arg. ex art. 2825 cod. civ.) e delimitano il potere di disposizione di ciascuno sulla cosa comune (art. 1103); nell’altra i coniugi
non sono individualmente titolari di un diritto di quota, bensì solidalmente titolari, in quanto tali, di un diritto avente per oggetto i beni della
comunione (arg. ex art. 189, secondo comma). Nella comunione legale
la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di
stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189), la misura della responsabilità
sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i
creditori della comunione (art. 190), e infine la proporzione in cui,
sciolta la comunione, l’attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi o
i loro eredi (art. 194)».
5.Nella giurisprudenza di legittimità si è costantemente affermato
che «la comunione legale tra coniugi è una comunione senza quote» (o
«a mani riunite») (ex multis, da ultimo, Cass., Sez. 3, Ordinanza n.
1647 del 19/01/2023, Rv. 666729-01, e, in precedenza, Cass., Sez. 2,
Ordinanza n. 2047 del 24/01/2019, Rv. 652625-01, Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 21503 del 31/08/2018, Rv. 650316-01, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 3557 del 14/02/2018, Rv. 647208-01, Cass., Sez. 3, n. 6575
del 14/03/2013, Rv. 625462-01, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14093 del
11/06/2010, Rv. 613438-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4890 del
07/03/2006, Rv. 587593-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12313 del
06/07/2004, Rv. 574171-01, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 4033 del
19/03/2003, Rv. 561243-01, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 284 del
14/01/1997, Rv. 501725-01).
6.Per quanto concerne l’espropriazione forzata, a risolvere un acceso contrasto nelle prassi degli uffici giudiziari (e, conseguentemente,
in dottrina e nella giurisprudenza di merito) è intervenuta Cass., Sez. 3,
Sentenza n. 6575 del 14/03/2013, Rv. 625462-01, la quale ha statuito
che «La natura di comunione senza quote della comunione legale dei
coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo
dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il
bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita
od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della
somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione».
All’univoco orientamento interpretativo inaugurato dalla citata pronuncia – che, tuttavia, non costituisce un overruling giurisprudenziale,
come diffusamente spiegato da Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 506 del
14/01/2021 – hanno aderito anche le decisioni di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11175 del 29/05/2015, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6230 del
31/03/2016, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 28526 del 08/11/2018, Cass.,
Sez. 1, Sentenza n. 18771 del 12/07/2019, Cass., Sez. 3, Ordinanza n.
12879 del 13/05/2021, Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 20845 del
21/07/2021, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22210 del 04/08/2021, Cass.,
Sez. 3, Ordinanza n. 150 del 04/01/2023, e Cass., Sez. 3, Ordinanza n.
1647 del 19/01/2023).
7.Dalla giurisprudenza (e, segnatamente, da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6575 del 14/03/2013) si ricavano, dunque, le regole per sottoporre ad esecuzione forzata il bene in comunione legale, ancorché per
debito di uno solo dei coniugi, e la disciplina di tale processo esecutivo:
a) il bene in comunione legale va necessariamente aggredito per
l’intero (si deve «qualificare come sola legittima l’opzione ricostruttiva
della necessità di sottoporre, per il credito personale verso uno solo dei
coniugi, il bene a pignoramento per l’intero, nei limiti dei diritti nascenti
dalla comunione legale»);
b) «la soggezione ad espropriazione di un bene sul quale ha eguale
contitolarità il coniuge non debitore lo configura come soggetto passivo
dell’espropriazione in concreto operata, con diritti e doveri identici a
quelli del coniuge debitore esecutato»;
c) da tale premessa discende che del pignoramento va fatta «notificazione anche al coniuge non debitore», che è destinatario dell’ingiunzione ex art. 492 cod. proc. civ. e a cui si applicano anche le disposizioni
«dell’art. 498, e dell’art. 567 c.p.c., vale a dire la necessità dell’avviso
ai suoi creditori iscritti personali e della documentazione c.d. ipotecaria
almeno ventennale a lui relativa»;
d) la trascrizione nei registri immobiliari dev’essere eseguita anche
nei confronti del coniuge non debitore, in quanto soggetto passivo
dell’espropriazione, sia perché, nella struttura di fattispecie a formazione progressiva del pignoramento immobiliare, la formalità pubblicitaria ha la funzione di completare il pignoramento e di renderlo opponibile ai terzi (così Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 37558 del 22/12/2022, Rv.
666570-01; in precedenza, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7998 del
20/04/2015, Rv. 635099-01), sia perché il periodo individuato dal succitato art. 567 cod. proc. civ. si riferisce ai «venti anni anteriori alla
trascrizione del pignoramento», facendo menzione del pignoramento di
cespite in comunione legale nel quadro “D” della nota di trascrizione
(dev’essere così intesa, perciò, l’affermazione di Cass. 6575/2013, secondo cui «della contitolarità solidale derivante dal regime di comunione
legale può darsi adeguato conto nell’apposita sezione – a contenuto libero – della nota di trascrizione di un pignoramento che va operato nei
riguardi del bene per intero, o, comunque, nelle stesse forme in cui può
essere comunque opponibile l’appartenenza alla comunione legale anche dei beni per i quali la nota di trascrizione non fa menzione
espressa»);
e) del bene così pignorato (per intero) va disposta la vendita o l’assegnazione, ovviamente per l’intero;
f) al momento del trasferimento coattivo della proprietà del bene (e,
quindi, per gli immobili, con la pronuncia del decreto di trasferimento),
la comunione si scioglie limitatamente a quel bene e il coniuge non debitore matura il diritto alla metà della somma lorda ricavata dall’alienazione (o del valore, in caso di assegnazione).
8.Occorre ora valutare l’interazione tra questo quadro ricostruttivo
e la disciplina dell’azione revocatoria ordinaria. In particolare, quanto
agli effetti dell’azione ex art. 2901 cod. civ., è noto che la revocatoria
ordinaria mira a rendere inefficace nei confronti del creditore un atto
dispositivo che determini un pregiudizio alle ragioni creditorie, ostacolando – sotto il profilo quantitativo o quantitativo – il diritto di soddisfarsi
sul patrimonio del debitore attraverso l’espropriazione forzata.
In altre parole, la domanda revocatoria è inequivocabilmente e univocamente preordinata all’espropriazione forzata.
9.Proprio la sua strumentalità rispetto all’esercizio dell’azione esecutiva impone di ritenere che – qualora l’atto pregiudizievole abbia riguardato un bene ancora assoggettato alla comunione legale, come nel
caso di sua costituzione in fondo patrimoniale – al giudizio di revocatoria
debbano necessariamente partecipare, come litisconsorti necessari, entrambi i coniugi (in proposito, Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 5768 del
22/02/2022, Rv. 664077-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 19330 del
03/08/2017, Rv. 645489-01, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 21494 del
18/10/2011, Rv. 620535-01) e che la domanda di inefficacia dell’atto e
la corrispondente pronuncia di accoglimento debbano riguardare l’intero
bene e non soltanto una sua (inesistente) quota.
Anche Cass., Sez. 1, Sentenza n. 18771 del 12/07/2019, non massimata, si è pronunciata in tal senso ed ha statuito che, «avendo la
comunione legale dei coniugi natura di comunione senza quote, il pignoramento si esegue per l’intero, con conseguente revocabilità
dell’atto complessivo e non in quota pari alla sola metà del bene».
10. La precedente statuizione non contrasta coi precedenti di
questa Corte che hanno escluso il litisconsorzio necessario dei coniugi
in caso di azione revocatoria, perché le richiamate decisioni si riferiscono
a fattispecie (differenti da quella in esame) in cui il bene della comunione legale era stato alienato a terzi, venendo così meno il suo assoggettamento allo speciale regime patrimoniale (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18707 del 01/07/2021, Rv. 661910-01; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 17021 del 20/08/2015, Rv. 636301-01).
Infatti, affermare che «non sussiste … una ipotesi di litisconsorzio
necessario del contraente alienante non debitore, nei casi in cui l’accoglimento dell’azione in favore del creditore non determini alcun effetto
restitutorio né, tantomeno, un effetto traslativo a favore dell’attore, ma
comporti l’inefficacia relativa dell’atto rispetto al creditore, senza peraltro caducare, ad ogni altro effetto, l’atto di alienazione nei confronti
dell’acquirente» (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 18707 del 01/07/2021,
in motivazione) implica (quantomeno implicitamente) che – nelle medesime ipotesi (di alienazione del bene in comunione) – la revocatoria
può (e deve) avere ad oggetto soltanto la “quota” del coniuge debitore,
sorta al momento della cessione a terzi del cespite.
11. Al contrario, in caso di costituzione in fondo patrimoniale,
del bene i coniugi non dispongono ed esso rimane in comunione legale,
dato che l’apposizione del vincolo non è annoverata tra le cause di scioglimento dell’art. 191 cod. civ. e – contrariamente a quanto sostenuto
dalla ricorrente – non costituisce «mutamento convenzionale del regime
patrimoniale», nemmeno limitatamente a quel cespite.
12. Si deve dunque affermare che la domanda di revocatoria
dell’atto con cui è stato costituito in fondo patrimoniale un bene della
comunione legale va rivolta (notificata ed eventualmente trascritta ex
art. 2652, comma 1, n. 5, cod. civ.) nei confronti di entrambi i coniugi
(ancorché solo uno di essi sia debitore) e, in quanto preordinata
all’espropriazione forzata del medesimo cespite (necessariamente da
compiersi per l’intero), essa è diretta ad una pronuncia d’inefficacia
dell’atto complessivo e non limitata alla inesistente quota pari alla sola
metà del bene.
13. Venendo alla fattispecie in esame, la sentenza che ha accolto la domanda ex art. 2901 cod. civ. della (OMISSIS) ha inequivocabilmente limitato la propria statuizione alla “quota” dell’odierno
controricorrente (il Tribunale, infatti, dichiarava «inefficace nei confronti
della (OMISSIS) s.c.r.l., limitatamente alla quota di cui (OMISSIS) Carmine è proprietario dell’immobile …, l’atto per notar (OMISSIS) … con cui il
predetto convenuto e (OMISSIS) hanno costituito un
fondo patrimoniale conferendovi il predetto immobile») e, come rilevato
dalla Corte di merito, la decisione, ancorché errata (per le ragioni anzidette), è passata in giudicato e non è più emendabile.
14. Come nella valutazione del titolo esecutivo giudiziale definitivo questa Corte ha la potestà di verificare la correttezza o meno dell’interpretazione datane dal giudice del merito (e tanto sia nella consolidata
impostazione ermeneutica precedente, sia – ed a maggior ragione –
sulla scorta di Cass., Sez. U, Sentenza n. 5633 del 21/02/2022, variandone soltanto l’estensione e i presupposti in un’ampiezza che, con riferimento alla fattispecie in esame, non è necessario approfondire e che
si lascia pertanto impregiudicata), così il giudice di legittimità interpreta
la sentenza di revoca ex art. 2901 cod. civ. che dell’esecuzione – e
quindi della proposta opposizione – costituisce il presupposto; tale interpretazione deve essere necessariamente compatibile col sistema (sopra ricostruito) delle disposizioni in tema di espropriazione del bene in
comunione legale.
Muovendo da tale presupposto, alla pronuncia che ha dichiarato
«inefficace nei confronti della (OMISSIS) s.c.r.l., limitatamente alla
quota di cui (OMISSIS) Carmine è proprietario dell’immobile …, l’atto per
notar (OMISSIS) … con cui il predetto convenuto e (OMISSIS) hanno costituito un fondo patrimoniale conferendovi il predetto
immobile» – al di là dell’atecnico (per non dire errato) riferimento oggettivo alla “quota” – va attribuito l’effetto di precludere, sotto un profilo
esclusivamente soggettivo, al solo (OMISSIS) la possibilità di esperire l’opposizione volta a far valere la limitazione all’espropriabilità derivante
dall’art. 170 cod. civ.
In altri termini, la sentenza n. 1909 del 20/5/2013 del Tribunale di
Lecce ha reso inefficace l’atto dispositivo, limitativo dell’esecuzione forzata, su un piano meramente soggettivo: essa ha impedito al solo (OMISSIS), siccome soccombente sul punto all’esito del relativo giudizio, di
far constare (con l’opposizione esecutiva) alla (OMISSIS) il vincolo
del fondo patrimoniale, mentre nessuna preclusione ne deriva per la De
Dominicis, la quale – in quanto esecutata (essendo stato assoggettato
ad espropriazione forzata l’intero cespite di cui è comproprietaria solidale), ma non destinataria della statuizione della menzionata sentenza
– è, in tesi, legittimata, ricorrendone i presupposti e le condizioni, ad
opporre al creditore, col rimedio ex art. 615 cod. proc. civ., la limitazione (ex art. 170 cod. civ.) derivante dalla costituzione del fondo.
Così corretta e integrata la motivazione (ex art. 384 cod. proc. civ.),
le censure della ricorrente risultano infondate, posto che la revoca pronunciata dal Tribunale leccese né spiega automaticamente i suoi effetti
nei confronti del coniuge non debitore (non contemplato nel decisum,
ormai passato in giudicato), né consente, contraddicendo le premesse
dogmatiche sulla natura della comunione legale, di aggredire il cespite
soltanto per la “quota” della metà; ma si limita a rendere in ogni caso
inopponibile, dal solo ivi soccombente, al vittorioso attore l’atto di costituzione.
15. Col terzo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360,
comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2697 e 170 cod.
civ. e 115 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello affermato che il
citato art. 170 cod. civ. vieta di espropriare i beni costituiti in fondo
patrimoniale, in contrasto col tenore della norma, che pone tale divieto
solo per i crediti estranei ai bisogni della famiglia, e con la consolidata
giurisprudenza di legittimità, che onera l’esecutato opponente della
prova dei presupposti applicativi del menzionato divieto.
16. Il motivo è fondato.
La decisione impugnata muove evidentemente da un presupposto
errato e, cioè, dall’argomento secondo cui l’art. 170 cod. civ. vieta
l’espropriazione forzata dei beni in fondo patrimoniale; conseguentemente, soltanto la revocatoria ex art. 2901 cod. civ. di tale atto dispositivo consente al creditore di agire in executivis.
17. Contrariamente a tali premesse, si rileva che l’art. 170 cod.
civ. non sancisce affatto l’assoluta impignorabilità dei beni in fondo patrimoniale, ma introduce un divieto – che costituisce eccezione rispetto
alla regola dettata dall’art. 2740 cod. civ. – di intraprendere azioni esecutive su detti beni (e sui loro frutti) a condizione che ricorrano i presupposti applicativi della citata disposizione.
Nello specifico, ci si riferisce agli elementi – oggettivo (la non inerenza del debito alle esigenze familiari) e soggettivo (la consapevolezza
di tale circostanza in capo al creditore) – che consentono l’applicabilità
della predetta norma, la cui dimostrazione (sia l’estraneità del debito ai
bisogni della famiglia, sia la scientia del creditore) compete all’esecutato
secondo un univoco orientamento giurisprudenziale, perché, con l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ., il debitore chiede di sottrarre i beni
all’esecuzione forzata e, quindi, in base agli ordinari criteri di ripartizione
dell’onus probandi, deve dare prova del fatto impeditivo (eccezionale)
del (generale) principio di responsabilità patrimoniale.
18. È, dunque, errata la sentenza impugnata che, in modo apodittico e coniando una regola che non si rinviene nell’art. 170 cod. civ.,
ha statuito l’impignorabilità del cespite nella misura in cui appartiene
alla (OMISSIS) in base alla constatazione che la porzione costituita in
fondo patrimoniale era rimasta indenne all’azione revocatoria, senza
nemmeno indicare quali argomenti e quali prove fossero stati eventualmente addotti dall’opponente, sulla quale gravava l’onere di allegare
(prima) e provare (poi) gli elementi dell’invocata disposizione codicistica.
19. L’accoglimento della terza censura comporta la cassazione
della decisione impugnata, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Lecce (in diversa composizione), alla quale è rimessa pure la
regolazione delle spese, anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte
accoglie il terzo motivo del ricorso;
respinge il primo e il secondo motivo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Lecce,
in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, in data 14 febbraio 2023.