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Cassazione Civile 9609/2023 – Azione revocatoria – Art. 2901 cc – Atto dispositivo posto in essere nel corso di un giudizio – Pregiudizio per il credito relativo al rimborso delle spese processuali

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Ordinanza 9609/2023

Azione revocatoria – Art. 2901 cc – Atto dispositivo posto in essere nel corso di un giudizio – Pregiudizio per il credito relativo al rimborso delle spese processuali

A fondamento dell’azione revocatoria contro un atto dispositivo posto in essere nel corso di un giudizio non può essere posta la sussistenza di un pregiudizio per il credito afferente alla refusione delle relative spese processuali, dal momento che il corrispondente diritto sorge solo con la sentenza che pronunci la condanna al pagamento delle stesse a carico della parte soccombente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda revocatoria proposta nel corso di un processo, sul presupposto che, non potendo considerarsi esistente, al momento del compimento dell’atto pregiudizievole, il credito relativo al pagamento delle spese processuali, fosse necessaria la prova del “consilium fraudis” del debitore, non riscontrato nel caso di specie).

Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 7-4-2023, n. 9609   (CED Cassazione 2023)

Art. 2901 cc (Revocatoria ordinaria)

 

 

Rilevato che:

1. OMISSIS) conveniva in giudizio i coniugi (OMISSIS)
e (OMISSIS) al fine di sentir dichiarare l’inefficacia ex art.
2901 c.c. dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale stipulato
da questi ultimi il 16 febbraio 2004 e avente ad oggetto beni
immobili.

A fondamento della propria pretesa, l’attore deduceva che il fondo
patrimoniale era stato costituito per sottrarre tali beni alla garanzia
dei suoi crediti derivanti da giudizi promossi nei confronti dei
coniugi e che si erano conclusi con la condanna di quest’ultimi al
pagamento delle spese processuali per € 11.314,00 ed € 8.252,30.
Il Tribunale di Avellino, con sentenza n. 2077/2015, accoglieva la
domanda, dichiarando l’inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di
costituzione del fondo patrimoniale ritenendo che i crediti oggetto
della revocatoria erano sorti prima della costituzione del fondo
patrimoniale.

2. Avverso tale sentenza, (OMISSIS) e (OMISSIS)
hanno interposto appello articolato in tre motivi. Con il primo
motivo hanno evidenziato che il Giudice di prime cure aveva
omesso di considerare che, nei giudizi conclusisi con la condanna
alle spese di lite in favore di OMISSIS), era stata rigettata
ogni azione risarcitoria proposta dal medesimo; con il secondo
motivo gli appellanti avevano censurato la sentenza di primo grado
nella parte in cui non aveva considerato che (OMISSIS) era
creditore di OMISSIS) per € 17.900,00 in virtù dell’accordo
transattivo consacrato nel verbale di conciliazione n. 1875/2002;

con il terzo motivo, gli appellanti avevano censurato la sentenza di
primo grado nella parte in cui ha ritenuto sussistente un diritto di
credito di OMISSIS) ed infine, con l’ultimo motivo di
gravame, era stata censurata la pronuncia di primo grado nella
parte in cui si affermava che il fondo patrimoniale era stato
costituito in un momento in cui era già sorto un credito di
(OMISSIS) per le spese di lite.

La Corte di Appello di Napoli ha accolto il quarto motivo del
gravame ritenendo che il diritto di credito spettante all’avvocato
sorge soltanto nel momento in cui cessa la sua attività
professionale in favore della parte ovvero quando viene
pronunciata la sentenza che dispone la rifusione delle spese di lite
nei confronti della parte vittoriosa e pertanto, trattandosi di crediti
che ancora non erano sorti quando era stato costituito il fondo
patrimoniale, la domanda di (OMISSIS) doveva essere
rigettata perché non aveva provato il consilium fraudis.

3. Avverso tale sentenza, OMISSIS) propone ricorso per
cassazione sulla base di due motivi. (OMISSIS) e
(OMISSIS) resistono con controricorso.

Considerato che:

4. Con il primo e articolato motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi
dell’art. 360 n. 3, c.p.c., la “violazione degli artt. 2901 e seguenti
c.c. e degli artt. 91 e ss, 99, 112, 116 c.p.c.”

Con la prima censura denuncia la sentenza impugnata nella parte
in cui la Corte territoriale avrebbe accertato l’inesistenza del credito
e del consilium fraudis sostenendo che il diritto di credito avente ad
oggetto il pagamento delle spese processuali sorgerebbe con la
sentenza che ne dispone il pagamento.

Con la seconda censura contesta l’affermazione della sentenza nella
parte in cui ha ritenuto che il (OMISSIS) non avrebbe riformulato, in
appello, la deduzione secondo la quale, tra i crediti a tutela dei
quali doveva ritenersi proposta la revocatoria in esame, vi era
quello collegato alla (suddetta) azione di riduzione. Sostiene che il
giudice del merito avrebbe errato a non valutarla in quanto la
domanda era stata riproposta nella comparsa di costituzione in
appello.

La prima censura è infondata. Il diritto della parte vittoriosa,
all’esito d’una lite giudiziaria, ad ottenere la rifusione delle spese
sostenute per partecipare al giudizio sorge soltanto con la sentenza
che pronunci la relativa condanna a carico della parte
soccombente. Prima di tale sentenza il diritto non esiste (tanto è
vero che se la condanna alle spese manchi, la sentenza dovrà
essere impugnata), posto anche che al giudice è consentito, invece
che pronunciare condanna alle spese, compensarle (Cass. n.
5787/2014; Cass. n. 24821/2008; Cass. n. 4694/1980). Il credito
per il rimborso delle spese processuali non costituisce dunque
neanche ragione di credito in senso lato al momento della domanda
ai sensi dell’art. 2901 cod. civ..

La seconda censura è invece inammissibile per estraneità alla ratio
decidendi.

Nella sentenza impugnata non si coglie nella motivazione il rilievo
di una deduzione per altro credito che non sarebbe stata
riformulata, perciò la censura è inammissibile.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta ex art.
360, n.3, c.p.c. “la violazione degli artt. 2901 e seguenti c.c. e
degli artt. 92 e seguenti c.p.c.”.

In particolare, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella
parte in cui ha ritenuto necessaria la prova dell’intento fraudolento
di (OMISSIS) e (OMISSIS) anche con riferimento alla
supposta nascita del credito solo successivamente alla costituzione
del fondo patrimoniale. Lamenta che la condanna al pagamento
delle spese processuali retroagisce al momento della domanda,
viene meno la necessità della dolosa preordinazione, essendo
sufficiente la semplice conoscenza del pregiudizio che l’atto
arrecava alle ragioni del creditore.

Il motivo è assorbito dal rigetto del primo motivo.

5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

6. Infine, poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30
gennaio 2013, sussistono i presupposti processuali (a tanto
limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U.
20/02/2020, n. 4315) per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma
17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater
all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 (e
mancando la possibilità di valutazioni discrezionali: tra le prime:
Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra le innumerevoli altre successive:
Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza
dell’obbligo di versamento, in capo a parte ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto,
per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della
controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.000, oltre 200
per esborsi, accessori di legge e spese generali.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma
1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte suprema di Cassazione in data 25 gennaio 2022.