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Cassazione Civile 9768/2017 – Giudizio di rinvio contenzioso tributario – Nuove conclusioni istruttorie – Divieto

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Ordinanza 9768/2017

 

Giudizio di rinvio contenzioso tributario – Nuove conclusioni istruttorie – Divieto

Nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394, comma 3, c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, non sono ammesse nuove conclusioni e richieste di nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio, salvo il caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, così da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perché ritenuti erroneamente privi di rilievo.

Cassazione Civile, Sezione 6 Tributaria, Ordinanza 18 aprile 2017, n. 9768  (CED Cassazione 2017)

 

 

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti di (OMISSIS) (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 420/31/2015, depositata in data 3/03/2015, con la quale – in controversia l’impugnazione del silenzio rifiuto opposto dall’Ufficio erariale ad un’istanza del (OMISSIS), già dirigente dell'(OMISSIS), di rimborso dell’IRPEF trattenuta e versata all’Erario, nell’anno 2000, tramite ritenute operate dall'(OMISSIS) in qualità di sostituto d’imposta sulla somma erogata, a titolo di capitalizzazione della pensione complementare di reversibilità, prevista dall’accordo collettivo del 16/04/1986 (OMISSIS)/Fndai, con l’aliquota superiore al 12,50% – è stata, in sede di rinvio (a seguito di cassazione, con pronuncia di questa Corte n. 19775/2013, di pregressa decisione d’appello), parzialmente riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici del rinvio hanno sostenuto che, in applicazione del principio di diritto già espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, sulle somme rivenienti dalla liquidazione dei rendimento, quale risultante da “certificazione (OMISSIS)”, “già prodotta nel giudizio di secondo grado”, deve essere applicata la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1995, articolo 6.

A seguito di deposito di proposta ex articolo 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; la ricorrente ed il controricorrente hanno depositato memorie ed il Collegio ha disposto a redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 4, dell’articolo115 c.p.c.e del principio di non contestazione ivi posto, nonchè il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 63 e articolo 384 c.p.c., avendo a C.T.R. ritenuto maturato il rendimento derivante dall’impiego sul mercato dei contributi affluiti ne fondo PIA, nonostante lo stesso contribuente avesse ammesso l’insussistenza dello stesso. La ricorrente denuncia poi, con il secondo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 63 e articolo 384 c.p.c. e, con il terzo motivo, la violazione, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, dell’articolo 2697 c.p.c., avendo la C.T.R. non correttamente interpretato il principio di diritto enunciato dalle S.U. e da questa Corte nella pronuncia di cassazione con rinvio, quantificando il rendimento maturato nel Fondo PIA sulla base della certificazione rilasciata dall'(OMISSIS), che alludeva genericamente a “rendimento conseguito nel periodo sottoindicato”. In subordine, con il quarto motivo, la ricorrente lamenta, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, vale a dire l’effettivo impiego sul mercato finanziario da parte dell’Enea dei contributi affluiti nel fondo PIA.
  2. Le prime tre censure, da trattare unitariamente in quanto connesse, sono fondate, con assorbimento dei quarto motivo. In generale, la peculiare natura del giudizio di rinvio, che è un processo chiuso tendente ad una nuova statuizione (nell’ambito fissato dalla sentenza di cassazione) in sostituzione di quella cassata, comporta che i limiti e l’oggetto sono fissati dalla sentenza di annullamento.

Nel giudizio di rinvio, ai sensi dell’articolo 394 c.p.c., comma 3, non sono ammesse nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio, salvo il caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, così da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dai giudice di merito perchè ritenuti erroneamente privi di rilievo (Cass., 16180/2013).

È stato tuttavia anche chiarito da questa Corte che “i limiti all’ammissione delle prove concernono l’attività delle parti e non si estendono ai poteri del giudice, ed in particolare a quelli esercitabili d’ufficio, sicchè, dovendo riesaminare la causa nel senso indicato dalla sentenza di annullamento, tale giudice, come può avvertire la necessità, secondo le circostanze, di disporre una consulenza tecnica o di rinnovare quella già espletata nei pregressi gradi del giudizio di merito, così può ben preferire, salvo l’obbligo della relativa motivazione, di fondare la decisione su tale primitiva consulenza, laddove la ritenga meglio soddisfacente, anche rispetto a quella eventualmente espletata in sede di rinvio, avendo egli il potere di procedere (nuovamente) all’accertamento del fatto valutando liberamente le prove già raccolte” (Cass. 341/2009). Ora, il giudice di legittimità aveva fra l’altro stabilito che, richiamati i principi enunciati in Cass. S.U. 11/13642, il presupposto dell’applicazione della ritenuta del 12,50% dovesse essere un accertamento – non compiuto dal giudice del merito – sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore de contribuente, da intendere come “rendimento netto, imputabile alla gestione del mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, e ciò certamente esclude che fosse demandato al giudice del rinvio alcun accertamento in ordine alla natura del fondo pensionistico dei dirigenti (OMISSIS) (Cass.26731 e 26728/2016).

Nella specie, la C.T.R. si è limitata a ritenere sufficiente la produzione da parte del contribuente di certificazione rilasciata dall’ex datore di lavoro, avente ad oggetto le relative quantificazioni determinate con modalità matematico attuariali, laddove le era stato demandato proprio il compito di accertare l’effettiva presenza di un rendimento del capitale accantonato, conseguente all’impiego dei capitale sui mercato, cui applicare l’aliquota agevolata L. n. 482 del 1995, ex articolo 6.

  1. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo, secondo e terzo motivo del ricorso, assorbito il quarto, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Toscana, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, secondo e terzo motivo del ricorso, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla C.T.R. della Toscana in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso, in Roma, il 22/03/2017.