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Cassazione Civile 9799/2017 – Cartella esattoriale non preceduta da un avviso di accertamento – Congrua motivazione

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Sentenza 9799/2017

 

Cartella esattoriale non preceduta da un avviso di accertamento – Congrua motivazione

La cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 della l.n. 241 del 1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall’art.7 della l. n. 212 del 2000 (Affermazione relativa ad una cartella esattoriale concernente il pagamento di interessi ove non erano menzionati nè la decorrenza nè il tasso).

Cassazione Civile, Sezione Tributaria, Sentenza 19 aprile 2017, n. 9799  (CED Cassazione 2017)

 

 

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE MOTIVAZIONE SEMPLIFICATA

  1. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnavano la cartella esattoriale con cui era stato richiesto il pagamento di Euro 28.275,42 per interessi sostenendo che nella cartella era stato indicato che gli interessi stessi erano stati liquidati a seguito della sentenza n. 40/2/04 della CTP di Varese ma mancava qualsiasi riferimento al tasso ed alla decorrenza sicchè era da considerarsi priva di motivazione. La commissione tributaria provinciale di Varese accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale della Lombardia lo accoglieva sul rilievo che, benchè la cartella facesse riferimento alla sola sentenza n. 40/2/04 della CTP di Varese, i contribuenti erano in condizione di contestare la pretesa tributaria sia perchè l’agenzia aveva inviato un fax, prima dell’emissione della cartella, con cui li aveva informati dello sgravio parziale della cartella inerente l’imposta di successione e dell’iscrizione a ruolo della residua somma dovuta per interessi, sia perchè l’Ufficio, costituendosi in giudizio, aveva chiarito quali fossero i termini del calcolo degli interessi.
  2. Avverso la sentenza della CTR propongono ricorso per cassazione i contribuenti affidato a tre motivi illustrati con memoria. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio al solo fine della partecipazione all’udienza a norma dell’articolo370 c.p.c., comma 1.
  3. Con il primo motivo deducono nullità della sentenza, ai sensi dell’articolo360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’articolo112 c.p.c., per aver omesso la CTR di pronunciarsi in ordine allo specifico rilievo afferente il fatto che mancava nella cartella ogni riferimento al tasso ed alla decorrenza degli interessi.
  4. Con il secondo motivo deducono omessa o insufficiente motivazione, ai sensi dell’articolo360 c.p.c., comma 1, n. 5, su un punto decisivo della controversia poichè la CTR non ha spiegato le ragioni per le quali essi ricorrente dovevano ritenersi essere a conoscenza del tasso e della decorrenza degli interessi applicati.
  5. Con il terzo motivo deducono violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 241 del 1990, articolo 3, commi 1 e 3, e L. n. 212 del 2000, articolo 7. Sostengono i ricorrenti che la cartella di pagamento, mancando di qualsiasi indicazione del tasso e della decorrenza degli interessi applicati, non aveva loro consentito di conoscere il contenuto reale dell’atto.
  6. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente di data 14.9.2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
  7. Osserva la Corte che i motivi di ricorso debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione giuridica. Dalla sentenza impugnata si evince che la cartella riferita al pagamento degli interessi conteneva il solo riferimento alla sentenza n. 40/2/04 della CTP di Varese ma mancava qualsiasi riferimento al tasso ed alla decorrenza. Ora, la cartella esattoriale, quando essa non sia stata preceduta da un avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dalla L. n. 241 del 1990, articolo 3, e recepiti, per la materia tributaria, dalla L. n. 212 del 2000, articolo 7 (Cass. n. 26330 del 16/12/2009). Nel caso che occupa, mancando l’indicazione del tasso e della decorrenza, i contribuenti non sono stati posti nella condizione di calcolare la correttezza del calcolo degli interessi operato dall’agenzia sulla base della somma dovuta a titolo di imposta di successione secondo la sentenza 40/2/04 della CTP di Varese. A nulla rileva, dunque, che l’Ufficio solo in sede di controdeduzioni abbia esplicitato i criteri applicati e neppure che l’agenzia avesse inviato un fax con cui aveva preannunciato l’iscrizione a ruolo degli interessi, posto che nemmeno con tale atto aveva illustrato gli elementi su cui il calcolo era basato.
  8. Il ricorso va, dunque, accolto nei limiti della non debenza degli interessi e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’articolo384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario dei contribuenti va accolto. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti in considerazione delle alterne vicende processuali e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario dei contribuenti dichiarando non dovuti gli interessi. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere le spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2016.