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Cassazione Civile 9863/2023 – Principio dell’onere probatorio – Residualità – Principio di acquisizione delle prove – Portata – Conseguenze – Fatto rilevante rimasto ignoto

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Sentenza 9863/2023

Principio dell’onere probatorio – Residualità – Principio di acquisizione delle prove – Portata – Conseguenze – Fatto rilevante rimasto ignoto – Applicazione

Le regole sull’onere della prova sono disposizioni di giudizio residuali rispetto al principio di acquisizione probatoria – secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono alla formazione del libero convincimento del giudice (non condizionato dalla loro provenienza) – e trovano, dunque, applicazione solo in presenza di un fatto rilevante rimasto ignoto sulla base delle emergenze probatorie.

Cassazione Civile, Sezione 3, Sentenza 13/04/2023, n. 9863   (CED Cassazione 2023)

Art. 2697 cc (Onere della prova)

 

 

Fatti di causa

1. (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di
(OMISSIS) & C. s.n.c., convenne in giudizio
innanzi al Tribunale di Verona il Comune di Valeggio sul Mincio
chiedendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 110.942,13,
o quella di giustizia. Espose in particolare l’attore di essere caduto il
giorno 1° maggio 2010, mentre impegnava la rampa che dal cartello
d’inizio della zona urbana conduceva al sottostante percorso
pedonale, a causa della presenza sul sentiero di uno strato di ghiaino
tendente a franare in quanto non aderente al terreno sottostante più
compatto. Aggiunse che aveva subito la frattura biossea tibiopereonale,

che lo aveva costretto ad assentarsi dall’attività lavorativa,
con conseguente pregiudizio patrimoniale. Si costituì la parte
convenuta chiedendo il rigetto della domanda.

2. Il Tribunale adito rigettò la domanda.

3. Avverso detta sentenza propose appello l’originaria parte
attrice. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con sentenza di data 28 maggio 2019 la Corte d’appello di
Venezia rigettò l’appello.

Premise la corte territoriale che secondo la condivisibile
ricostruzione del Tribunale non si trattava di ghiaia ma di terriccio
calcare stabilizzato, materiale adoperato per la realizzazione di strade
sterrate e tale da consentire un attrito per non agevolare lo
scivolamento, e che il sinistro si era verificato in pieno giorno su
sentiero in lieve pendenza e le cui caratteristiche erano visibili, dotato
di un presidio di sicurezza rappresentato da una staccionata con
corrimano ben visibile, non evidenziante alcuna difficoltà nel
percorrerlo. Osservò quindi che, in ossequio al principio secondo cui
quanto più la situazione di possibile danno era suscettibile di essere
prevista e superata attraverso l’adozione delle cautele normalmente
attese e prevedibili, tanto più doveva considerarsi l’efficienza causale
del comportamento imprudente del danneggiato, il sinistro era
imputabile al caso fortuito determinato dal comportamento
dell’appellante, il quale aveva affrontato, pur potendone apprezzare,
già all’imbocco del sentiero, le difficoltà – peraltro estremamente
limitate – o comunque ne aveva potuto osservare le caratteristiche,
con ciò valutando la propria capacità di percorrerlo. Aggiunse, in
relazione al motivo avente ad oggetto la responsabilità alla luce
dell’art. 2043 cod. civ., che la modesta presenza di ghiaino era
assolutamente percepibile da chiunque, sicché non poteva parlarsi di
insidia o trabocchetto, in un percorso che, in quanto discendente,
poteva favorire la caduta. Precisò che la cosa non presentava alcuna
insidia ma solo il rischio di eventuali cadute, rischio prevedibile e
connaturato alla natura del percorso, sterrato e in lieve pendenza e
per questo dotato di presidio di sicurezza.

5. Ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), in proprio e
quale legale rappresentante di (OMISSIS) &
C. s.n.c. sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso la
parte intimata. Il pubblico ministero ha presentato le conclusioni
scritte. E’ stata presentata memoria.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione
dell’art. 2051 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.
proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che, nonostante spettasse al
Comune provare il caso fortuito, costituito da un comportamento del
danneggiato eccezionale ed imprevedibile rispetto alla condotta
ragionevolmente esigibile, nella sentenza manca ogni riferimento
circa la prova liberatoria incombente sul Comune avente ad oggetto
tale comportamento imprudente. Aggiunge che, al contrario,
dall’accertamento del giudice del merito emerge che le condizioni del
sentiero rendevano imprevedibile una situazione di pericolo, che il
rischio di caduta era prevedibile e che il comportamento del
danneggiato non poteva dirsi abnorme e imprevedibile.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa
applicazione degli artt. 2051 cod. civ. e 132 n. 4 cod. proc. civ., ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte
ricorrente che, non avendo il giudice di appello esplicitato il
comportamento imprudente che sarebbe stato tenuto dal
danneggiato, non è possibile comprendere la ratio decidendi.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione
dell’art. 2051 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod.
proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il requisito dell’insidia e
trabocchetto non è elemento costitutivo della fattispecie di cui all’art.
2043 e che il giudice di appello avrebbe dovuto valutare non se il
ghiaino fosse o meno visibile, ma anche se fosse percepibile anche il
suo carattere sdrucciolevole, posto che in ciò consisteva il pericolo
occulto. Aggiunge che nella motivazione non vi è traccia circa la
valutazione dell’evitabilità del pericolo e dunque della mancata
adozione di un comportamento che avrebbe evitato l’evento o quanto
meno ridotto la possibilità di verificazione.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione
degli artt. 2043 cod. civ. e 132 n. 4 cod. proc. civ., ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la
motivazione è apparente per le seguenti ragioni: ha carattere
tautologico il rilievo che la modesta presenza di ghiaino fosse
assolutamente percepibile da chiunque; non spiega perché la
franosità non costituisse un’insidia; afferma che il pericolo di caduta
fosse prevedibile, ma esclude che il percorso presentasse anomalie.

5. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono
infondati. Risulta evidente dalla decisione impugnata che è stata
esclusa la responsabilità di cui all’art. 2051, ed anche quella generale
di cui all’art. 2043, per l’attribuzione dell’eziologia dell’evento alla
condotta del danneggiato, che il giudice di appello ha inteso colposa
alla luce dell’agevole prevedibilità del pericolo. La corte territoriale ha
valutato come prevedibile il rischio di caduta per la presenza di
percorso in discesa e sterrato, e per questo dotato di presidio di
sicurezza, con modesta presenza di ghiaino del tutto percepibile, tutte
circostanze di fatto stimate come esistenti da parte del giudice del
merito, sulla base di un giudizio di fatto a lui riservato e non
sindacabile nella presente sede di legittimità. L’argomento rilevante è
dunque quello dell’assenza di un nesso di causalità fra l’evento di
danno e la cosa (ed a maggior ragione fra l’evento dannoso e la
condotta del custode, ove si consideri la fattispecie di cui all’art.
2043), essendo l’evento da ricondurre causalmente alla condotta
imprudente del danneggiato, alla luce del principio affermato dall’art.
1227, che fa della difformità del contegno del danneggiato rispetto ad
un parametro obiettivo di condotta diligente e prudente il
presupposto della rilevanza eziologica di quel contegno.

La corte territoriale ha quindi fatto applicazione del consolidato
orientamento di questa Corte, secondo cui quanto più la situazione di
possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso
l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese
e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve
considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del
medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile
che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed
evento dannoso, connotandosi per l’esclusiva efficienza causale nella
produzione del sinistro (fra le tante da ultimo Cass. 17 novembre
2021, n. 34886; 3 aprile 2019, n. 9315).

La riconduzione eziologica dell’evento dannoso alla condotta
imprudente del danneggiato, tale da escludere il nesso di causalità fra
la cosa ed il danno, è assorbente anche rispetto alla fattispecie di cui
all’art. 2043, proprio in quanto giudizio rilevante al livello eziologico.

Con riferimento alla responsabilità ai sensi dell’art. 2043, la corte
territoriale ha escluso l’esistenza di insidia e trabocchetto. Il richiamo
nella giurisprudenza alle categorie di insidia o trabocchetto (ex
multis, Cass. 9 giugno 2016, n. 11802) è da intendere come
concernente una situazione di possibile danno non suscettibile di
essere agevolmente prevista, fino all’impossibilità di essere superata
con l’ordinaria diligenza, con l’esclusione dunque del carattere colposo
della condotta del danneggiato. Si tratta pertanto di categorie
rilevanti ai fini dell’accertamento della rilevanza eziologica del
comportamento del danneggiato. Il giudizio di fatto della Corte
d’appello è stato nel senso, come si è visto, della agevole
prevedibilità del pericolo da parte dell’utente del percorso. Alla luce di
tale evidente prevedibilità della situazione potenzialmente dannosa il
comportamento del danneggiato è stato stimato come imprudente,
tale dunque da costituire la causa esclusiva del danno e da escludere
l’applicabilità tanto dell’art. 2051, quanto dell’art. 2043.

Avendo la corte territoriale positivamente accertato che causa
esclusiva dell’evento dannoso è stata la condotta imprudente del
danneggiato, non viene in rilievo la regola sull’onere della prova, ed
in particolare quella che onera il custode della necessità di provare il
caso fortuito, regola della quale il ricorrente ha denunciato la
violazione. Le regole sull’onere della prova sono regole residuali di
giudizio in conseguenza delle quali la mancanza, in seno alle
risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della
sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza
della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi,
ovvero impeditivi, modificativi o estintivi. Esse lasciano fermo il
principio di acquisizione probatoria, secondo il quale le risultanze
istruttorie, comunque ottenute (e quale che sia la parte ad iniziativa
della quale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed
indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice,
senza che la relativa provenienza possa condizionare tale
convincimento in un senso o nell’altro (Cass. 16 giugno 1998, n.
5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo
2003, n. 4126). Le regole sull’onere probatorio trovano perciò
applicazione solo in presenza di fatto rilevante rimasto ignoto sulla
base delle risultanze istruttorie. Come si è detto, l’eziologia
dell’evento dannoso è stata positivamente accertata dal giudice del
merito come riconducibile al comportamento imprudente del
danneggiato. Non è quindi emerso un onere probatorio del custode
del quale possa predicarsi il mancato assolvimento. Il custode non
aveva l’onere di provare il caso fortuito, avendo il giudice del merito
accertato che l’evento dannoso era eziologicamente riconducibile in
via esclusiva al comportamento imprudente del danneggiato.

A fronte della chiara percepibilità della ratio decidendi non ricorre
la denunciata apparenza di motivazione. Il requisito motivazionale
ricorre anche con riferimento al giudizio di modesta presenza di
ghiaino ben visibile, dove la visibilità non è la conseguenza della
modesta presenza (il che potrebbe integrare una contraddizione), ma
è un attributo che si aggiunge alla modesta quantità di ghiaino, per
cui, ha detto il giudice del merito, il ghiaino era modesto e ben
visibile (la corte territoriale ha anche considerato che l’evento si era
verificato in pieno giorno). Quale dovesse essere il comportamento
del danneggiato, rispetto al quale il ricorrente denuncia l’assenza di
motivazione, emerge poi con chiarezza dalla motivazione della
decisione: un comportamento improntato a prudenza al cospetto di
una situazione di possibile danno suscettibile di essere agevolmente
prevista.

6. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio
2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi
dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha
aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R.
30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali
dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in
Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura
del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli
accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello
stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il giorno 22 febbraio 2023