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Cassazione Civile 9899/2022 – Opposizione all’esecuzione – Sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo

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Ordinanza 9899/2022

 

Esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo – Sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo – Opposizione all’esecuzione

La sentenza pronunciata per qualsiasi ragione (nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore-sublocatore al contratto in corso) nei confronti del conduttore o il provvedimento di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione o morosità esplicano l’efficacia di titolo esecutivo nei confronti del subconduttore, ancorché quest’ultimo non abbia partecipato al giudizio, né sia menzionato nel titolo, in quanto la subconduzione comporta la nascita di un rapporto obbligatorio derivato, la cui sorte dipende da quella del rapporto principale di conduzione, ai sensi dell’art. 1595, comma 3, c.c.

Opposizione all’esecuzione – Sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo

In caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione importa che il giudizio di opposizione all’esecuzione per altri motivi proposto vada definito con una pronuncia di cessazione della materia del contendere, e non già di accoglimento dell’opposizione, e le spese processuali regolate, per conseguenza, secondo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare unicamente in relazione agli originari motivi di opposizione. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito, reputando che il motivo di opposizione proposto dal subconduttore – che aveva dedotto il suo mancato coinvolgimento nel giudizio fra locatore e conduttore relativo alla risoluzione del rapporto e all’emissione dell’ordinanza di convalida di sfratto – fosse comunque “ab origine” infondato).

Cassazione Civile, Sezione 6-3, Ordinanza 28-3-2022, n. 9899   (CED Cassazione 2022)

Art. 1595 cc (Rapporti tra locatore e subconduttore) – Giurisprudenza

Art. 615 cpc (Opposizione all’esecuzione) – Giurisprudenza

Art. 474 cpc (Titolo esecutivo) – Giurisprudenza

 

 

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) S.r.l., quale subconduttrice di immobile locato da (OMISSIS) alla (OMISSIS) S.r.l., propose opposizione avverso l’esecuzione per rilascio promossa dal (OMISSIS) in forza di ordinanza ex art. 665 c.p.c., lamentando essere stata questa emessa nel corso di procedimento per convalida di sfratto dallo stesso avviato nei confronti della sola conduttrice.

2. Con sentenza n. 11560/2017 del 23 novembre 2017 il Tribunale di Napoli dichiarò cessata la materia del contendere, compensando le spese, per essere stato nelle more revocato il titolo esecutivo con la sentenza che, a conclusione del relativo giudizio, aveva rigettato la domanda di risoluzione del contratto di locazione.

3. Di tale statuizione sulle spese si dolse l’opponente, il cui gravame sul punto è stato però rigettato dalla Corte d’appello di Napoli, sul triplice rilievo che:

– era dubbia l’esperibilità, nella descritta ipotesi, da parte del subconduttore, di una opposizione all’esecuzione ex art. 619 c.p.c. considerato che il terzo detentore dell’immobile di cui sia disposto il rilascio può far valere le sue eventuali ragioni con l’opposizione esecutiva ex art. 615 c.p.c. o con l’opposizione revocatoria ex art. 404 c.p.c., comma 2, a seconda che opponga un titolo autonomo o invece dipendente da quello del convenuto nell’azione di rilascio;

– il terzo detentore può essere assoggettato alla esecuzione della condanna al rilascio che il locatore abbia ottenuto nei confronti del conduttore;

– “considerato che in corso di causa il titolo esecutivo azionato è stato comunque revocato, sia pure, ovviamente, per ragioni attinenti ai rapporti tra locatore e conduttore (cfr. la sentenza n. 2715/2017 del 6.3./2017), la soccombenza reciproca ipotizzata dal primo giudice è effettivamente sui generis ma se forzatura vi è stata, questa è semmai avvenuta proprio nell’interesse (e non a discapito) dell’odierna appellante”.

4. Avverso tale decisione la (OMISSIS) S.r.l. propone ricorso affidato ad unico motivo, cui resiste (OMISSIS) con controricorso.

5. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

6. Con ordinanza n. 15580 del 22 luglio 2020 la trattazione del ricorso è stata rinviata a nuovo ruolo, in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sul ricorso n. 3322/17 R.G., rimesso a quelle con ordinanza n. 6422/2020.

7. Essendo intervenuta la detta pronuncia (Cass. Sez. U. 21 settembre 2021, n. 25478), il ricorso è stato nuovamente avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli articoli 375, 376 e 380-bis c.p.c..

La ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “violazione e falsa applicazione degli articoli 91, 92, 112 e del principio di soccombenza virtuale”.

Premesso che, diversamente da quanto supposto in sentenza, egli aveva promosso opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e non opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., lamenta che la motivazione addotta a conferma del censurato regolamento delle spese del relativo giudizio è “profondamente ingiusta”, poichè “non tiene conto delle reali posizioni processuali e sostanziali assunte dalle parti” e così viola le norme ed il principio evocati, “non sussistendo affatto una ipotesi di soccombenza reciproca”.

Osserva, infatti, che “in nessun caso l’odierna ricorrente può dirsi soccombente nel giudizio di opposizione all’esecuzione oggetto di causa, meno che mai nella non meglio definita forma sui generis evocata dalla Corte di merito, atteso che essa opponente-subconduttore e detentore reale del bene immobile oggetto della procedura di rilascio legittimamente si opponeva all’esecuzione dell’ordinanza ex art. 665 c.p.c. per essere stata pretermessa dal relativo procedimento di sfratto in quanto già convenuta in altro identico giudizio preventivamente incardinato dal locatore e pendente nel merito, tanto più che entrambi i giudizi, al momento della decisione, erano stati definiti con sentenze di rigetto passate in giudicato per mancata impugnazione”.

2. La censura è infondata.

Il ricorso ripropone la vexata quaestio della rilevanza della caducazione del titolo esecutivo giudiziale in corso del giudizio di opposizione all’esecuzione, ai fini della decisione da adottare e delle conseguenti ricadute in ordine alla liquidazione delle spese di lite.

Il contrasto che sul punto si era registrato all’interno della giurisprudenza di questa Corte è stato da ultimo composto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 25478 del 2021 (in attesa della cui pronuncia la trattazione del presente ricorso, come s’è detto, era stata rinviata a nuovo ruolo, all’esito della precedente adunanza).

Con tale sentenza – alle cui ampie motivazioni non può che farsi qui integrale rimando – le Sezioni Unite della S.C. hanno enunciato il seguente principio di diritto: “in caso di esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo giudiziale non definitivo, la sopravvenuta caducazione del titolo per effetto di una pronuncia del giudice della cognizione (nella specie: ordinanza di convalida di sfratto successivamente annullata in grado di appello) determina che il giudizio di opposizione all’esecuzione si debba concludere non con l’accoglimento dell’opposizione, bensì con una pronuncia di cessazione della materia del contendere; per cui il giudice di tale opposizione è tenuto a regolare le spese seguendo il criterio della soccombenza virtuale, da valutare in relazione ai soli motivi originari di opposizione”.

3. Alla luce di tale principio, cui va data continuità, è evidente che nella specie il solo tema da considerare, onde valutare se in capo all’opponente, odierno ricorrente, potesse o meno riconoscersi una posizione di soccombenza virtuale, era quello della fondatezza dell’unico motivo di opposizione, costituito come s’è detto dalla pretermissione dello stesso nel giudizio di convalida di sfratto nel corso del quale era stata emessa l’ordinanza di rilascio esecutivamente azionata.

Tale motivo era certamente infondato e come tale è stato correttamente considerato dal giudice a quo.

4. Ed infatti, la pretermissione del terzo nel giudizio di cognizione – in disparte l’impossibilità di configurarla come tale in senso proprio e tecnico, atteso che la sublocazione dà vita soltanto ad un rapporto derivato, senza alcun vincolo diretto tra il locatore originario ed il subconduttore (Cass. 01/08/2002, n. 11427; 10/02/1996, n. 1038), con la conseguenza che il subconduttore può partecipare al giudizio in cui si controverta della risoluzione del rapporto di locazione solo in veste d’interventore adesivo dipendente, in appoggio al conduttore sublocatore (Cass. n. 1038 del 1996, cit.) – non avrebbe comunque potuto di per sè giustificare l’accoglimento dell’opposizione.

5. Occorre al riguardo anzitutto rammentare che, secondo consolidato indirizzo, poichè la subconduzione comporta la nascita di un rapporto obbligatorio derivato la cui sorte dipende da quella del rapporto principale di conduzione, ai sensi dell’art. 1595 c.p.c., comma 3 la sentenza pronunciata per qualsiasi ragione (nullità, risoluzione, scadenza della locazione, rinuncia del conduttore-sublocatore al contratto in corso) nei confronti del conduttore e il provvedimento di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione o per morosità esplicano nei confronti del subconduttore, ancorchè rimasto estraneo al giudizio e, quindi, non menzionato nel titolo esecutivo, non solo gli effetti della cosa giudicata in senso sostanziale, ma anche l’efficacia del titolo esecutivo per il rilascio (Cass. 08/11/2007, n. 23302; 13/01/1998, n. 212).

6. Ne deriva che la subconduzione non può nemmeno costituire di per sè titolo per opporsi all’esecuzione forzata per rilascio intrapresa dal locatore, nei confronti del conduttore, sulla base del titolo nei suoi confronti costituito da uno dei provvedimenti summenzionati, ovvero, come nella specie, dalla ordinanza non impugnabile di rilascio emessa al termine della fase sommaria del procedimento di convalida, ex art. 665 c.p.c..

7. Più in generale la giurisprudenza più recente di questa Corte ha al riguardo chiarito che “a colui che assuma di essere stato pregiudicato da una sentenza pronunciata fra terze persone, oppure dall’esecuzione di essa, l’ordinamento accorda tutele diversificate tra loro alternative e non cumulative – a seconda del tipo di nocumento che si assuma di avere ricevuto.

“Conformemente all’analisi svolta da Cass. Sez. U. n. 1238 del 23/1/2015 (ripresa, peraltro, da Cass. n. 7041 del 20/03/2017, Cass. n. 29850 del 20/11/2018 e da Cass., n. 9720 del 26/5/2020), si osserva che colui il quale si reputi leso dalla pronuncia o dall’esecuzione di un titolo esecutivo formatosi fra altre persone:

“a) deve proporre l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c., se assume di essere titolare dello stesso diritto già oggetto della sentenza pronunciata inter alios e messa in esecuzione; difatti, è precipuo scopo dell’esecuzione in forma specifica l’adeguamento della situazione di fatto a quella giuridica, consacrata nel titolo, mediante l’immissione dell’avente diritto nel possesso del bene, sicchè, per un verso, l’ordine contenuto in una sentenza di condanna al rilascio d’immobile spiega efficacia nei confronti di chiunque si trovi a detenere il bene nel momento in cui la sentenza stessa venga coattivamente eseguita (e non solo del destinatario della relativa statuizione) e, per altro verso, la statuizione contenuta nel titolo esecutivo non può essere validamente contrastata opponendo al procedente, col mezzo ex art. 619 c.p.c., la titolarità d’un diritto incompatibile con quello attribuito o riconosciuto dalla sentenza impugnata;

“b) deve proporre l’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. se non contesta la legittimità del titolo, ma sostiene, quale terzo, che esso sia stato erroneamente attuato e, cioè, che l’esecuzione sia esorbitante rispetto al contenuto dello stesso, finendo così con investire un bene diverso da quello che ne avrebbe dovuto formare l’oggetto e con l’incidere la posizione di un soggetto formalmente terzo;

“c) deve proporre l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. se, pur non contestando la legittimità del titolo, nè l’erroneità dell’esecuzione, deduce che dopo la formazione del titolo si sia avverato un fatto estintivo od impeditivo della pretesa creditoria.

“In altre parole, mentre l’opposizione di terzo ex art. 404 c.p.c. è un mezzo d’impugnazione straordinario tendente a rendere inopponibile una statuizione resa tra altri e di per sè inidonea a pregiudicare il terzo (stante la limitata portata del giudicato sostanziale ai sensi dell’art. 2909 c.c.), l’opposizione all’esecuzione, diretta o di terzo, è invece un rimedio contro gli errori concernenti l’esecuzione e non già contro quelli inerenti al titolo: ne consegue che l’opponente non può servirsi dell’opposizione esecutiva per contestare il contenuto del titolo giudiziale, posto che, altrimenti, essa si trasformerebbe in un rimedio impugnatorio, in contrasto sia con la sua funzione, sia col principio generale dell’onere del gravame, secondo cui le opposizioni esecutive non possono utilizzarsi per far valere pretese criticità riferibili alla pronuncia azionata, giacchè, in caso contrario, si declinerebbero come illogica sovrapposizione ai mezzi d’impugnazione” (così, da ultimo, Cass. 01/12/2021, n. 37847)

8. Nella specie la posizione del subconduttore non risponde, per quanto sopra s’è detto, ad alcuna di tali ipotesi ed è pertanto certamente da escludere la sua legittimazione a proporre opposizione esecutiva.

9. La sentenza impugnata, negando tale legittimazione, si conforma nei suoi esiti a detti principi, solo occorrendo correggerne la motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, in quanto espressa con rinvio a principio espresso da Cass. n. 3087 del 2087 e n. 14640 del 2014, da ritenersi superato – in termini ancor più restrittivi, come visto, delle possibilità di tutela offerte al subconduttore in ipotesi quale quella considerata – dalla giurisprudenza sopra richiamata.

10. Il rilievo che a tale parte della motivazione è dedicato in ricorso si appalesa privo di contenuto censorio, limitandosi il ricorrente a precisare di avere proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. e non opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. (come postulato dalla corte d’appello).

Si tratta però di rilievo evidentemente inconsistente dovendosi escludere che, per le ragioni sopra esposte e alla luce dei principi richiamati, la sublocazione possa costituire titolo per opporsi all’esecuzione per rilascio intrapresa dal locatore non solo ex art. 619 c.p.c. ma anche ex art. 615 c.p.c..

11. Discende dalle superiori considerazioni la correttezza della motivazione in punto di valutazione della soccombenza virtuale dell’opponente.

12. Posto poi che questa avrebbe giustificato anche la condanna alle spese dell’opponente, a fortiori è corretta la valutazione della corte di merito che in sostanza nega che questo abbia ragione di dolersi della disposta compensazione delle spese.

Questa era stata disposta dal primo giudice, secondo quanto è ricavabile dalla sentenza d’appello, sul presupposto che la sopravenuta caducazione del titolo esecutivo azionato aveva determinato una soccombenza reciproca.

Alla luce del richiamato principio enunciato da Cass. Sez. U. n. 25478 del 2021 tale presupposto era in realtà giuridicamente errato, atteso che la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo per ragioni diverse da quelle fatte valere con l’opposizione, è evento neutro che, se determina bensì la cessazione della materia del contendere nel giudizio di opposizione all’esecuzione, nulla dice ai fini della soccombenza virtuale.

Ed è proprio questo che, implicitamente, ma chiaramente, la Corte di merito intende correttamente sottolineare là dove osserva che quella divisata dal primo giudice è una “soccombenza reciproca sui generis” a discapito però dell’opposto, non dell’opponente, la cui soccombenza virtuale, per le ragioni dette, restava invece pienamente apprezzabile.

In altre parole, ad essere sui generis era, nella prospettiva evidentemente sottesa a tale qualificazione, tra le due reciproche soccombenze, quella dell’opposto, non quella dell’opponente, la cui doglianza sul regolamento delle spese è stata pertanto correttamente ritenuta priva di fondamento.

13. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Avuto tuttavia riguardo al contrasto esistente in giurisprudenza al momento della proposizione del ricorso – contrasto risolto solo di recente con la menzionata pronuncia delle Sezioni Unite – si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione delle spese.

14. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13;

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese tra le parti.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il 24 febbraio 2022