Ordinanza 26901/2023
Clausola penale – Potere di riduzione della penale da parte del giudice – Presupposti
Il criterio di riferimento per il giudice, nell’esercizio del potere di riduzione della penale, non è la valutazione della prestazione in sé astrattamente considerata, ma l’interesse che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento di essa, tenendo conto delle ripercussioni dell’inadempimento sull’equilibrio delle prestazioni e della sua effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che non aveva valutato se potesse considerarsi giustificata, alla luce dell’interesse del creditore, una penale comportante il pagamento di una somma pari alla metà del valore del contratto anche per un solo giorno di ritardo nell’adempimento).
Rispetto del termine di adempimento – Buona fede – Rilevanza
Nella valutazione del rispetto di un termine di adempimento la buona fede non può venire in rilievo per stabilire quale sia il termine esatto entro cui adempiere, ma può solo servire a valutare se, per rispettare il termine, il debitore avrebbe dovuto tenere un comportamento che il creditore non avrebbe potuto pretendere per l’eccessivo sacrificio che avrebbe comportato. (Nella specie, la S.C. – in relazione ad un pagamento effettuato tramite bonifico bancario – ha escluso che la buona fede rilevasse al fine di stabilire se il termine dovesse considerarsi rispettato al momento dell’ordine di bonifico o dell’effettivo accreditamento).
Cassazione Civile, Sezione 3, Ordinanza 20.9.2023, n. 26901 (CED Cassazione 2023)
Art. 1382 cc (Effetti della clausola penale)
Art. 1183 cc (Tempo dell’adempimento)
Ritenuto che
1.-Nel corso di una controversia giudiziaria,
(OMISSIS) ha concluso una transazione con (OMISSIS) e
(OMISSIS), in base alla quale questi ultimi si sono
impegnati a corrispondere a (OMISSIS) la somma di 700 mila
dollari in due rate: la prima, di 260 mila, entro il 30 giungo e
la seconda, di 440 mila, entro il 30 settembre 2011.
2.-Nell’accordo è stata inserita una clausola penale secondo
cui in caso “di ritardato o mancato pagamento, anche di una
sola rata ed anche per un solo giorno”, era convenuto il
pagamento di una somma pari a 350 mila dollari”.
E’ accaduto che la rata finale è stata accreditata al
(OMISSIS) il 5 ottobre 2011.
3.-Costui, poiché il pagamento doveva avvenire entro il 30
settembre 2011, ha fatto valere la clausola penale, ottenendo
decreto ingiuntivo esecutivo per il pagamento della relativa
somma.
(OMISSIS) e Margara si sono opposti, ed il Tribunale di
Treviso ha accolto l’opposizione sostenendo che il bonifico
risultava effettuato in tempo, ossia il 27 settembre 2011, e
che soltanto per il ritardo o comunque per i tempi imputabili
alla banca, la somma era stata accreditata il successivo 5
ottobre.
Questa tesi è stata sostanzialmente accolta dalla Corte di
Appello di Venezia, la quale ha opinato che il pagamento così
effettuato (bonifico fatto in termine, ma accreditato dopo) era
da ritenersi valido in ragione del principio di buona fede.
4.-Questa decisione è impugnata da (OMISSIS) con due motivi,
di cui chiedono il rigetto (OMISSIS) e (OMISSIS), che propongono
altresì ricorso incidentale condizionato affidato ad unico motivo
illustrato da memoria.
Considerato che
5.- Con i due motivi del ricorso principale il ricorrente contesta
la seguente ratio decidendi: la Corte di Appello, premesso che
il termine per il pagamento della rata non era da ritenersi
essenziale, ha ritenuto che i debitori hanno fatto tutto ciò che
era necessario per salvaguardare gli interessi del creditore,
dando mandato di pagamento alla banca entro il termine di
scadenza, con la conseguenza che il loro comportamento, se
valutato secondo buona fede, deve ritenersi alla stregua di un
adempimento tempestivo.
6.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli
articoli 1176, 1218 e 1382 c.c.
La tesi è la seguente.
La regola, nelle obbligazioni pecuniarie, è che il pagamento
può considerarsi effettuato solo quando giunge effettivamente
nella disponibilità del creditore, e non già quando sia
comunque disposto dal debitore.
Inoltre, non può considerarsi come tempestivo un pagamento
che ha determinato la disponibilità della somma in capo al
creditore dopo la scadenza del termine, in base al principio di
buona fede, che serve, si, a valutare l’importanza
dell’inadempimento, ma non l’esattezza dell’adempimento, e
ciò a maggior ragione in presenza di una clausola penale. Né
può prospettarsi nella fattispecie una situazione di inesigibilità
della condotta, tale da esimere da responsabilità, in quanto tra
l’altro lo sforzo di prevenire il ritardo, semplicemente
consistente nel fare l’ordine di bonifico calcolando i tempi
necessari per l’accreditamento, era del tutto esigibile.
6.1.- Con il secondo motivo denuncia violazione degli articoli
1176 e 1218 c.c., in relazione anche agli articoli 1175 e 1375
c.c.
L’argomento è lo sviluppo di quelli già fatti con il motivo
precedente. Ossia: che l’oggettivo ritardo nel pagamento non
può considerarsi insuperabile, e che pretendere che il
pagamento fosse effettuato in termini non è chiedere uno
sforzo che la buona fede impedisce di pretendere.
Ciò per le ragioni già dette: era prevedibile un certo
tempo di accreditamento e dunque era necessario attivarsi in
anticipo per farlo eseguire nel termine.
7.- I motivi, che a causa della loro logica connessione possono
scrutinarsi congiuntamente, sono fondati e vanno accolti nei
termini di seguito indicati.
Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità “l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria, ai
sensi degli artt. 1182, terzo comma, e 1183 cod. civ., si
perfeziona nel luogo e nel tempo in cui il creditore entra in
concreto nella disponibilità della somma di denaro” (Cass.
18877/ 2008).
Si è altresì precisato che “il pagamento delle obbligazioni
per somma di denaro che devono essere adempiute al
domicilio del debitore, ove effettuabile in banca, si perfeziona,
con la liberazione dell’obbligato, solo allorché la rimessa entri
materialmente nella disponibilità dell’avente diritto e non
anche quando (e per il solo fatto che) il debitore abbia
inoltrato alla propria banca l’ordine di bonifico e questa abbia
pur dichiarato di avervi dato corso” (Cass. 149/2003).
Ciò posto, la buona fede non può servire a stabilire il
rispetto di un termine di pagamento, ossia non può essere
applicata per decidere se il termine è rispettato in un momento
(ordine di bonifico) o in un altro (effettivo accreditamento), e
dunque quale sia il termine esatto entro cui adempiere.
Può servire a valutare se per rispettare il termine, il
debitore avrebbe dovuto tenere un comportamento che non
era da pretendersi da parte del creditore, per l’eccessivo
sacrificio che avrebbe comportato: ma ovviamente non è il
caso che ci occupa, dove peraltro avrebbe dovuto allegarsi una
qualche situazione che rendeva il pagamento nei termini
effettuabile solo con uno sforzo eccessivo, ossia non esigibile.
Altra è la questione di quando il pagamento produce l’effetto
estintivo, altra quella della valutazione del mancato rispetto di
tale termine: solo relativamente a questa ultima situazione si
può effettuare un giudizio di buona fede.
Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha
invero disatteso i suindicati principi.
7.- I due controricorrenti hanno proposto altresì ricorso
incidentale condizionato all’accoglimento di quello principale.
Il ricorso è basato su unico motivo, con il quale i
ricorrenti denunciano violazione dell’articolo 1384 c.c.
Nel corso del giudizio di merito essi hanno chiesto,
sempre in via subordinata, la riduzione della penale ad equità,
ritenendola manifestamente eccessiva: poiché la domanda
principale è stata rigettata nei due gradi di giudizio, i giudici di
merito hanno ritenuto assorbita la questione.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito
indicati.
La clausola prevede una penale di 350 mila dollari,
anche per il ritardo di un giorno, come è avvenuto, ossia una
somma di penale pari alla metà dell’intero debito.
Ora, la giurisprudenza di questa Corte è nel senso che “il
criterio cui il giudice deve porre riferimento per esercitare il
potere di riduzione della penale non è la valutazione della
prestazione in sé astrattamente considerata, ma l’interesse
che la parte ha, secondo le circostanze, all’adempimento della
prestazione cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni
dell’inadempimento sull’equilibrio delle prestazioni e della sua
effettiva incidenza sulla situazione contrattuale concreta”
(Cass. 7835/2006; Cass. 10626/2007; Cass. 7180/2012).
Va peraltro precisato che il potere di riduzione della
penale, esercitabile d’ufficio, non è impedito dall’accordo delle
parti circa l’irriducibilità della penale stessa, né dalla
circostanza, come in questo caso, che le parti abbiano definito
equa la penale: sono circostanze che non vincolano il giudice.
Infine, il giudice di merito deve tener conto non tanto,
come si è detto, degli effetti che il pagamento della penale può
avere sul patrimonio del debitore, ma se essa è giustificata
alla luce dell’interesse del creditore, ossia se il ritardo nel
pagamento ha costituito per il creditore un danno tale da
richiedere di essere compensato con una penale di 350 mila
dollari -pari alla metà dell’intero debito- per un solo giorno di
ritardo.
I ricorsi vanno pertanto entrambi accolti nei termini e
limiti sopra indicati, con rinvio per nuovo esame alla Corte di
Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e ricorso incidentale.
Cassa la decisione impugnata nei termini di cui in motivazione
e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla
Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione.