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Corte di Cassazione 15598/2019 – Contratto di assicurazione – Clausole limitative della responsabilità – Condizioni generali di contratto ex art 1341 cc

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Sentenza 15598/2019

Contratto di assicurazione – Clausole limitative della responsabilità – Condizioni generali di contratto ex art 1341 cc

Nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell’art. 1341 c.c. (con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto – e non sono, perciò, assoggettate al regime previsto dalla suddetta norma – le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, specificano il rischio garantito. (Nella specie – polizza stipulata da un’impresa edile in funzione della responsabilità civile verso terzi attinente all’esercizio della propria attività imprenditoriale -, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto la non vessatorietà della clausola volta ad escludere la copertura assicurativa per i danni cagionati da agenti atmosferici, senza verificare se la disposizione negoziale fosse conosciuta o conoscibile dall’assicurato e da questi consapevolmente accettata, nonostante l’assicuratore non avesse adempiuto all’obbligo formale di redazione “con caratteri di particolare evidenza” del testo della clausola medesima, come previsto dall’art 166, comma 2, d.lgs. n. 209 del 2005).

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 11 giugno 2019, n. 15598

Art. 1341 cc (Condizioni generali di contratto) – Giurisprudenza

 

 

Fatti di causa

Il Tribunale Ordinario di Chieti, con sentenza del 18.10.2013 n. 297, ha accertato la responsabilità di Fr. D.T., titolare della omonima impresa edilizia, nella produzione dei danni cagionati all’appartamento di proprietà di Gi. To., a causa delle infiltrazioni di acqua meteorica determinate da inidonea impermeabilizzazione del telo di copertura delle opere relative ai lavori di ristrutturazione del pavimento dell’immobile soprastante.

Ha inoltre rigettato la domanda di adempimento della polizza assicurativa della responsabilità civile, stipulata in data 14.1.2008 da D.T. con USG Assicurazioni s.p.a. (successivamente UNIPOL-SAI Ass.ni s.p.a.), attesa la clausola contrattuale contenuta nelle Condizioni generali di polizza che escludeva dalla garanzia i danni derivanti da acqua piovana e/o altri eventi atmosferici in genere, clausola che non rivestiva carattere vessatorio, e non doveva, pertanto, essere specificamente sottoscritta ex art. 1341 comma 2 c.c., in quanto non costitutiva limitazione di responsabilità.

L’appello proposto dall’imprenditore, esclusivamente sul capo di sentenza concernente la pronuncia di rigetto della domanda di garanzia impropria, veniva dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di L’Aquila, con ordinanza comunicata in data 97.1.2015, emessa ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..

D.T. ha quindi impugnato per cassazione, ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., la decisione di primo grado, con ricorso notificato alla società assicurativa in data 31.3.2015, affidato ad un unico motivo di censura. Resiste con controricorso UNIPOL-SAI Assicurazioni s.p.a..

Ragioni della decisione

§.1 Il Tribunale di Chieti ha ritenuto che la clausola 1.8 delle CGA (“LAVORI di RISTRUTTURAZIONE e SOPRAELEVAZIONE. L’assicurazione comprende i danni a cose trovantisi nei fabbricati -anche occupati- oggetto dei lavori di ristrutturazione e/o sopraelevazione. Sono esclusi i danni conseguenti ad umidità od infiltrazioni d’acqua piovana e/o cagionati da eventi atmosferici in genere”) non integrasse una limitazione di responsabilità a favore dell’assicuratore, in quanto tale soggetta alla specifica approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341, comma 2, c.c., atteso che la esclusione dalla copertura assicurativa di “un determinato” evento dannoso implicava una delimitazione dell’ “oggetto” del contratto -e dunque della operatività della garanzia assicurativa- e non anche una limitazione della responsabilità derivante da inadempimento contrattuale.

1.1 Il ricorrente censura tale statuizione per violazione, tra l’altro, degli artt. 1341, 1370, 1888, 1917 c.c. e dell’art. 166 del Dlgs 7 settembre 2005 n. 209, in relazione 360co1 n. 3 c.p.c., da un lato ribadendo la assunta equivalenza tra clausola limitativa della responsabilità e clausola di limitazione della garanzia prestata dall’assicuratore, avendo la norma del Codice delle Assicurazioni Private in ogni caso inteso aggiungere un ulteriore tipologia di clausole (“limitative delle garanzie”) all’elenco delle clausole vessatorie; dall’altro sostenendo che la norma del Codice delle Assicurazioni Private aveva introdotto un ulteriore requisito formale, ai fini della validità della clausola limitativa della garanzia, con la conseguenza che, non essendo stata redatta la clausola 1.8 delle CGA “mediante caratteri di particolare evidenza”, la stessa, indipendentemente dalla eventuale specifica approvazione per iscritto prevista dall’art.1341, comma 2 c.c., avrebbe dovuto essere ritenuta nulla dal Giudice di merito, in applicazione analogica del rimedio previsto dall’art. 36 del Codice del Consumo; in subordine il ricorrente evidenzia come la carenza del requisito formale prescritto dall’art. 166, comma 2, CAP andava ad incidere sulla stessa conoscibilità della clausola, rendendo la stessa inopponibile all’assicurato, ai sensi dell’art. 1341 comma 1 c.c..

§.2 Il motivo è parzialmente fondato nei limiti di seguito esposti.

2.1 La censura attinente alla violazione dell’art. 1341, comma 2, c.c. per asserita sovrapposizione e coincidenza tra le nozioni di “limitazione della responsabilità” (art. 1341 co 2 c.c.) e di “limitazione della garanzia” (art. 166co2 CAP), con conseguente automatica trasposizione dello statuto codicistico di validità delle clausole vessatorie, non tiene conto, né fornisce adeguata esplicazione delle ragioni critiche attraverso le quali verrebbe investita la “ratio decidendi” della sentenza impugnata per cui la clausola delle CGA, escludendo dalla garanzia assicurativa la responsabilità civile dell’assicurato dovuta ad imputabilità dei danni cagionati a terzi da eventi atmosferici (ove l’evento atmosferico, produttivo del danno a terzi, si inserisca -senza eliderla- nella serie causale antecedente costituita dalla condotta imperita o negligente della impresa – posizionamento del telo di copertura a protezione di infiltrazione meteoriche-), non dispone, secondo il Giudice di merito, una “limitazione di responsabilità” ex art. 1229 e 1341, comma 2, c.c., ma individua piuttosto -delimitandolo- l’oggetto della assicurazione (ossia il rischio assicurato).

2.2 Il ricorrente in particolare non fornisce alcun argomento in diritto, desumibile dall’art. 166 CAP, volto a giustificare la ipotizzata disciplina unificata volta a ricondurre nella categoria delle “clausole vessatorie”, anche le disposizioni negoziali, pur svantaggiose per l’assicurato, contemplate nell’art. 166 comma 2 CAP (limitazione delle garanzie; oneri a carico del contraente o dell’assicurato) non riconducibili all’elenco tassativo di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., né critica in modo argomentato l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui le clausole che definiscono, invece, il contenuto della prestazione dell’assicuratore -come è stata ritenuta dal Tribunale la clausola delle CGA in esame-, delimitando l’oggetto contrattuale/rischio assicurato, debbono ritenersi estranee per antonomasia alla nozione di vessatorietà (distinzione che trova pieno riscontro nella giurisprudenza di questa Corte e che è stata ribadita anche dal Codice del consumo: art. 34 comma 2 Dlgs n. 205/2006).

2.3 Al riguardo occorre osservare che costituisce affermazione consolidata quella per cui, nel contratto di assicurazione sono da considerare “clausole limitative della responsabilità”, per gli effetti dell’art. 1341 cod.civ., quelle clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito, mentre attengono all’oggetto del contratto le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e, dunque, specificano il rischio garantito (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 1430 del 04/02/2002; id. Sez. 3, Sentenza n. 5158 del 09/03/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 23741 del 10/11/2009), laddove le limitazioni alle conseguenze della colpa o dell’inadempimento non vanno riferite, come erroneamente intende il ricorrente, alla responsabilità civile dell’assicurato (rischio assicurato), atteso che nell’enunciare il principio di diritto, questa Corte non ha avuto a riferimento esclusivamente il contratto assicurativo della responsabilità civile, ex art. 1917, comma 1, c.c., ma ha espresso un principio valevole per qualsiasi tipo di contratto assicurativo, riferendosi, pertanto, alla limitazione delle conseguenze derivanti da inadempimento per colpa (lieve: art. 1229 c.c.) delle prestazioni, derivanti dal contratto assicurativo, poste a carico dell’assicuratore (obblighi informativi, intervento di salvataggio, pagamento dell’indennizzo, ecc.: significativo il precedente di Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 395 del 11/01/2007 che ha ritenuto limitativa della responsabilità dell’assicuratore la clausola che, in costanza di pacifica verificazione del rischio ed insorgenza dell’obbligazione di pagamento dell’indennizzo, esonerava l’obbligato all’adempimento della prestazione indennitaria in relazione a fatti che non riguardavano, in alcun modo, né l’oggetto del contratto, né il rischio garantito).

2.4 Relativamente, invece, alla relazione evidenziata nell’indicato principio di diritto, ai fini della vessatorietà, tra clausola limitativa di responsabilità e “rischio assicurato”, premesso che oggetto del contratto di assicurazione della responsabilità civile verso terzi ex art. 1917, comma 1, c.c. (norma collocata nel Codice civile sotto la Sezione II “Dell’assicurazione contro i danni” del Capo XX Dell’assicurazione”) è il rischio definito in relazione alle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli subite dall’assicurato in dipendenza della insorgenza della sua responsabilità civile (non esaurendosi quindi il -rischio- nella verificazione del fatto illecito che ha cagionato il danno al terzo, ma occorrendo anche la escussione della conseguente responsabilità civile da parte del danneggiato, ossia l’impoverimento del patrimonio dell’assicurato-danneggiante: cfr. da ultimo Corte cass. Sez. U -, Sentenza n. 22437 del 24/09/2018, in motivazione paragr. 14.1-14.3), occorre evidenziare come una “limitazione di responsabilità” dell’assicuratore sia ipotizzabile soltanto nel caso in cui la clausola realizzi un’indebita eliminazione “in toto” del rischio contrattuale (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 8235 del 07/04/2010; id. Sez. 1, Sentenza n. 17783 del 07/08/2014), risolvendosi nel vizio di nullità del contratto assicurativo per difetto assoluto dell’elemento essenziale richiesto dall’art. 1895 c.c., e non anche, invece, nel caso in cui la tipologia di rischio che caratterizza il tipo o sottotipo contrattuale, venga pattiziamente “delimitata”, attraverso la specificazione di talune ipotesi particolari e predeterminate, definite in relazione alla tipologia dei danni, delle cause o di determinate condotte o di particolari eventi.

2.5 Secondo la comune accezione il rischio che viene assicurato consiste, infatti, in un evento futuro, possibile ed incerto, non voluto dall’assicurato, e che sia pregiudizievole per quest’ultimo. Non vi è una definizione normativa di “rischio”, ma la stessa si ricava agevolmente, con riferimento al tipo della “assicurazione danni”, oltre che dalle richiamate norme del codice civile, dagli articoli 1, comma 1, lett. r) e 2, comma 3, del Dlgs n. 209/2005 che indicano “categorie di rischi” riconducibili al “ramo danni” (intendendosi per -ramo di assicurazione: la classificazione secondo un insieme omogeneo di rischi od operazioni che descrive l’attività che la impresa può esercitare al rilascio dell ‘autorizzazione-: art. I. comma I. lett. tt), CAP), venendo posto in rilievo da tali norme l’elemento specificativo del rischio che si caratterizza -senza per questo integrare alcuna limitazione di responsabilità dell’assicuratore- per il collegamento tra la causa indennitaria del contratto (“rivalere il danno”: art. 1882 c.c.) e la tipologia di danno, o individuata in relazione alla “res” (ramo 3, Corpi veicoli terrestri: “ogni danno subito da veicoli terrestri au/orno/ori, veicoli terrestri non automotorr), o in relazione alla azione umana od al fattore causale produttivo del danno (ramo 8, Incendio ed elementi naturali :”ogni danno subito dai beni… causato da incendio, esplosione, tempesta, elementi naturali diversi, dalla tempesta, energia nucleare, cedimento del terreno”; ramo 12. Responsabilità civile veicoli marittimi, lacustri e fluviali: “ogni responsabilità risultante dall’uso di veicoli «fluviali, lacustri e marittimi (compresa la responsabilità del ve//ore)”), o ancora in relazione alla natura del bene perduto (ramo 14. Credito: -perdite patrimoniali derivanti da insolvenze; credito alla esportazione; vendita a rate, credito ipotecario; credito agricolo-). Ne segue che, ad eccezione delle ipotesi in cui sia imposto ex lege all’assicuratore di stipulare una polizza predeterminata ed inderogabile quanto alla indicazione della copertura del rischio ed al suo ambito oggettivo (assicurazioni obbligatorie: artt. 122, 123 e 132 CAP), non è precluso alle parti definire in via negoziale la esatta delimitazione oggettiva del rischio, con l’unico limite soltanto della totale ineliminabilità dello stesso.

2.6 Al proposito è stato rilevato come l’assicurazione della responsabilità civile, mentre non può concernere fatti meramente accidentali, dovuti cioè a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità, importa necessariamente per la sua stessa denominazione e natura l’estensione a tutti i fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi, restando escluso, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto la clausola di un contratto di assicurazione della responsabilità civile che preveda la “copertura del rischio per danni conseguenti a fatti accidentali” è correttamente interpretata nel senso che con tale locuzione la stessa intende semplicemente riferirsi alla condotta colposa in contrapposizione ai fatti dolosi che, unicamente, restano esclusi dalla copertura assicurativa (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 4118 del 10/04/1995; id. Sez. 3, Sentenza n. 5773 del 28/02/2008 ; id. Sez. 3, Sentenza n. 7766 del 30/03/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 4799 del 26/02/2013 ).

2.7 Nel caso di specie le parti hanno escluso dall’oggetto dell’ “assicurazione responsabilità civile” la copertura per “i danni conseguenti ad umidità ed infiltrazioni di acqua piovana e/o cagionati da eventi atmosferici in genere”: tale esclusione, se riferita ad eventi naturali integranti il “caso fortuito”, sarebbe del tutto pleonastica, atteso che la causa esclusiva di danno, non riconducibile eziologicamente alla condotta dell’assicurato, è per ciò stesso irrilevante in quanto estranea al rischio assicurato, non essendo idonea a fare insorgere la responsabilità di quello e quindi a determinare l’impoverimento del suo patrimonio (art. 1917, comma 1, c.c.). La clausola, così come formulata e riportata nel ricorso, non può che porre una “limitazione di garanzia” con riferimento ad una peculiare situazione che, se non esclusa, integrerebbe il rischio assicurato, dando luogo alla obbligazione indennitaria dell’assicuratore, ipotesi che bene può essere riferita a quelle condotte colpose dell’assicurato, integranti responsabilità civile per colpa od oggettiva, causalmente concorrenti con gli eventi atmosferici (come  ad esempio nel caso di inadeguatezza del telo di copertura dell’ “opus” in costruzione posto a protezione dell’immobile sottostante da infiltrazioni meteoriche: cfr. denuncia di sinistro trasmessa all’assicuratore e riprodotta parzialmente alla pag. 5 del controricorso).

2.8 Pertanto, legittima la pattuizione della “limitazione di garanzia” intesa ad escludere la specifica fattispecie indicata dal rischio assicurato, non coglie nel segno la censura di violazione dell’art. 1341, comma 2, c.c., fondata sull’erroneo presupposto della assimilazione delle clausole di “limitazione delle garanzie” indicate nell’art. 166, comma I. CAP con le clausole (vessatorie) che dispongono “limitazioni della responsabilità” (derivante da colpevole inadempimento della polizza assicurativa), in quanto tale identificazione è rimasta del tutto indimostrata ed anzi risulta smentita dalla affermazione giurisprudenziale secondo cui per clausola di limitazione della “garanzia”, svantaggiosa per l’assicurato, deve intendersi piuttosto la clausola limitativa del “rischio assicurato”, ossia specificativa dell’oggetto della polizza.

§.3 Non può essere condiviso neppure l’altro assunto difensivo del ricorrente che, attraverso il richiamo analogico dell’art. 1341, comma 2, c.c. e degli artt. 33 e 36 del Dlgs 6.9.2005 n. 206 (Codice del consumo), mira ad estendere la sanzione della nullità comminata per le “clausole vessatorie” alla inosservanza dell’obbligo di indicare con -particolare evidenza” le clausole onerose indicate nell’art. 166, comma 2, CAP, in quanto l’assunto implica un salto logico eccedente lo scopo cui vuole provvedere la norma in esame, venendo a basarsi sull’errato presupposto che il Legislatore abbia inteso integrare con l’art. 166, comma 2, del Codice Ass.ni Private l’elenco tassativo delle “clausole vessatorie” di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., includendo accanto alle clausole “limitative della responsabilità” per colpa lieve ex art. 1229 c.c., anche le clausole che determinano “nullità o limitazione delle garanzie” ed inserendo, inoltre, un ulteriore requisito formale “ad validitatem” – la marcatura in evidenza – della clausola.

3.1 Osserva il Collegio che l’art. 166 del Decreto legislativo, 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private), collocato sotto il Titolo XII “Norme relative ai contratti di assicurazione”, al Capo I “Disposizioni generali”, e rubricato “Criteri di redazione” dispone, al primo comma, che “il contratto ed ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente”, ed al secondo comma che “le clausole che indicano decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato sono riportate mediante caratteri di particolare evidenza”. Il precedente art. 165 del Codice delle Assicurazioni Private (CAP), opera il raccordo con le disposizioni del codice civile, in base al criterio della specialità, prescrivendo che le norme del codice civile, ove non espressamente derogate da quelle del Dlgs n. 209/2005, disciplinano i contratti assicurativi, con ciò richiamando, ove la clausola figuri inserita in Condizioni generali di contratto o sia stata predisposta unilateralmente, anche le disposizioni degli artt. 1341 e 1342 c.c. (nel caso di specie non viene, invece, in considerazione la speciale disciplina dei contratti con i consumatori).

3.2 La “vessatorietà” della clausola è sintomatica dello squilibrio giuridico che, con l’inserimento della clausola, viene a determinarsi in ordine “ai diritti ed obblighi” altrimenti derivanti dalla disciplina generale del contratto e da quella dei singoli contratti tipici (il contraente è privato dalla clausola svantaggiosa di diritti o facoltà allo stesso spettanti, secondo la disciplina comune, ovvero è gravato da oneri od obblighi non previsti da tale disciplina), richiedendo, pertanto, la legge -ai fini della validità della clausola- che sull’elemento di squilibrio il contraente “onerato” esprima una ulteriore manifestazione formale di volontà adesiva. Diversamente, l’obbligo di redazione “chiara ed esauriente” (art. 166, comma 1 CAP), cui si ricollega la prescrizione della marcatura in evidenza delle clausole che indicano “decadenze, nullità o limitazione delle garanzie ovvero oneri a carico del contraente o dell’assicurato” (art. 166, comma 2 CAP) si colloca in un momento logicamente precedente a quello della valutazione della vessatorietà della clausola, concernendo le particolari modalità di redazione del testo contrattuale che sono strumentali a consentire ai contraenti onerati di acquisire previa consapevolezza del contenuto delle clausole e di valutarne appieno la portata svantaggiosa: tale obbligo formale riverbera, pertanto, sul piano della correttezza nei rapporti contrattuali ex artt.1175, 1337, 1375 c.c., assolvendo alla stessa funzione di altri ormai numerosi adempimenti formali prescritti in differenti settori di attività commerciale, nei quali si palesa maggiormente avvertita la esigenza di bilanciare la rilevante asimmetria informativa tra le parti contraenti (cfr. gli obblighi di fornire al consumatore “infirmazioni in modo chiaro e comprensibile- prescritti dagli artt. 45-51 del Dlgs 6.9.2005 n. 206. Codice del consumo; art. 6. comma 2, lett. a), e lett. b), art. 21, comma 1, lett. a) e lett. c), del Dlgs 24.2.1998 n. 58. TU dell’intermediazione finanziaria; numerose sono le disposizioni funzionali a tale esigenza collocate nel titolo VI del Dlgs 1.9.1993 n. 385 TU delle legge in materia bancaria e creditizia), e la cui inosservanza, in difetto -come nel caso di specie- di espressa qualificazione legislativa della carenza dell’elemento formale come imperfezione od invalidità della fattispecie negoziale ex art. 1418 e 1419 c.c., si riflette nella violazione del principio di buone fede e cioè di quei doveri di lealtà, correttezza e trasparenza che debbono informare la condotta dei soggetti che vengono in contatto nell’esercizio della autonomia privata.

3.3 Il Legislatore del Codice delle Assicurazioni Private non ha previsto una autonoma disciplina delle conseguenze giuridiche della inosservanza delle prescrizioni formali disposte dall’art. 166, comma 1 e 2, del Dlgs n. 209/2005, che debbono, quindi, individuarsi alla stregua della disciplina del codice civile, giusta il rinvio disposto dall’art. 165 del medesimo decreto legislativo.

Orbene, in assenza di una “espressa comminatoria di nullità” del contratto o della clausola negoziale, ipotesi che ricorre nel caso in cui la clausola non sia vessatoria o pur se onerosa non ricada -per non essere contenuta in CGC o in contratti standard- nella disciplina degli artt. 1341 e 1342 c.c., la inosservanza della prescrizione formale, in quanto violazione di una regola di condotta, non può che dare luogo al risarcimento del danno per lesione della buona fede, potendo integrare una responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto, ovvero una responsabilità contrattuale, che può eventualmente condurre alla risoluzione del contratto, ove le violazioni riguardino le ulteriori attività esecutive ed attuative delle disposizioni contrattuali (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 26724 del 19/12/2007).

3.4 La norma di cui all’art. 166 CAP, peraltro, non individua le clausole secondo la loro struttura contrattuale, omettendo ogni riferimento alle modalità di predisposizione o all’inserimento in testi preformati, limitandosi soltanto ad una generica indicazione “per classi”, priva di alcun carattere di tassatività e senza peraltro istituire una univoca corrispondenza con le clausole vessatorie individuate negli elenchi dell’art. 1341, comma 2, c.c. e degli artt. 33 e 36 Dlgs n. 206/2005 (art. 166co2: se le clausole che prevedono -decadenze o nullità- appaiono infatti riconducibili alla categoria delle clausole vessatorie. non altrettanto può invece affermarsi per le clausole che prevedono “limitazioni della garanzia- od -oneri a carico del contraente o dell’assicurato- le quali non evidenziano necessariamente tali caratteri). Ne segue che, in virtù del rinvio operato dall’art. 165 CAP, qualora vengano invece in rilievo clausole -riconducibili alle classi individuate nell’art. 166, comma 2, CAP- che siano state unilateralmente predisposte per una serie indefinita di contraenti, ovvero siano contenute in moduli o formulari, occorre confrontarsi con la peculiare disciplina delle condizioni generali di contratto e dei contratti uniformi dettata dagli artt. 1341 e 1342 c.c. (e, nel caso in cui ricorra l’applicabilità della disciplina del consumo, anche con le norme di cui agli artt. 33-36 Dlgs n. 206/2005) oltre che con le specifiche norme ermeneutiche, poste a favore dell’aderente, in tema di interpretazione della clausola “rimasta oscura”, ex artt. 1366 e 1370 c.c. (nei contratti dei consumatori: art. 35, comma 2, Dlgs n. 206/2005), e di prevalenza della clausola “aggiunta”, ex art. 1342, comma 1, c.c..

3.5 Orbene, incontestato l’inserimento della clausola 1.8 nelle Condizioni generali di contratto, ed esclusa la applicabilità alla fattispecie negoziale della disciplina normativa del Consumo, essendo stata stipulata la polizza da operatore economico professionale in funzione della assicurazione delle responsabilità civile verso terzi relativa all’esercizio dell’attività imprenditoriale del soggetto assicurato, osserva il Collegio che la specifica esigenza cui provvede la “marcatura in evidenza” del testo delle clausole suddette, consente, da un lato, di sottrarre la clausola “limitativa della garanzia” alla stessa regola di validità prevista per le clausole vessatorie dall’art. 1341, comma 2, c.c.; dall’altro lato, consente di ricondurre la conseguenza della inosservanza della prescrizione formale a quella derivante dalla “inconoscibilità” della clausola standard, che viene sanzionata con la “inefficacia” dall’art. 1341, comma 1, c.c. : la riconducibilità della disposizione negoziale al contenuto dell’ “accordo” presuppone, infatti, che la stessa sia stata oggetto di un effettivo scambio di consensi, accertamento che richiede la verifica della materiale preventiva conoscenza od effettiva conoscibilità con l’ordinaria diligenza, da parte del contraente, della clausola posta a favore dell’assicuratore ed inserita nelle condizioni generali di contratto unilateralmente predisposte.

§.4 La redazione della clausola con “caratteri di particolare evidenza” viene, quindi, a costituire il parametro di verifica della “leggibilità” del testo scritto che, unitamente a quello della “comprensibilità” del suo contenuto (che opera sul piano ermeneutico), riverbera sulla valutazione dello sforzo diligente di attenzione richiesto al contraente/assicurato per avere conoscenza della clausola, nel senso che l’osservanza della indicata prescrizione redazionale pone al riparo la società assicurativa da contestazioni in ordine alla violazione degli obblighi di buona fede nella stipula del contratto e la agevola nella prova, richiesta dall’art. 1341, comma 1, c.c., della effettiva conoscibilità della clausola inserita nelle condizioni generali unilateralmente predisposte, riversando sull’assicurato l’onere di dimostrare che la clausola, nonostante la sua -particolare evidenziazione” non poteva egualmente ritenersi conosciuta o conoscibile a causa di altri ostacoli non superabili con la ordinaria diligenza, ovvero, se pure conosciuta, presentava margini di ambiguità o dubbi tali da rimanere oscura quanto al suo contenuto prescrittivo.

4.1 La previsione del requisito formale indicato dall’art. 166 del Dlgs n. 209/2005 non amplia, dunque, l’elenco delle clausole vessatorie, ma normativizza in via generale la esigenza del requisito sostanziale di “leggibilità” delle clausole (che viene ora tipizzato e formalizzato) già in precedenza diffusamente considerato dalla giurisprudenza di questa Corte – con riferimento alle “clausole onerose” per le quali era richiesta la chiara individuazione mediante una netta separazione grafica dalle altre clausole non onerose contenute nel medesimo contratto o nelle CGA -, e che deve sussistere tanto agli effetti della prova della “conoscenza o conoscibilità” delle clausole standard non onerose (art. 1341, comma 1, c.c.), quanto delle altre clausole vessatorie (art. 1341, comma 2, c.c.).

4.2 Ne segue che il requisito formale della redazione con “caratteri di particolare evidenza della clausola 1.8 delle CGA in questione, sussumibile nella categoria delle “limitazioni della garanzia”, al pari delle clausole che pongono “oneri a carico del contraente o dell’assicurato”, non configura nuove fattispecie dell’elenco tassativo dell’art. 1341, comma 2, c.c., ma si riflette invece sull’accertamento della -conoscibilità- della clausola secondo l’ordinaria diligenza (art. 1341, comma 1, c.c.), specificando la condizione di leggibilità che unitamente a quella di comprensibilità erano già richieste dalla giurisprudenza ai fini della prova della effettiva conoscenza del testo della clausola e della sua efficacia nei confronti dell’aderente,

§.5 Fondata, in conseguenza, risulta la censura svolta dal ricorrente nella parte in cui contesta che il Giudice di merito avrebbe del tutto pretermesso di considerare che la violazione del requisito formale prescritto dall’art. 166, comma 2, CAP viene ad incidere sulla opponibilità della clausola limitativa della garanzia inserita nelle CGC (volta ad escludere la copertura assicurativa per i danni cagionati da agenti atmosferici), ai sensi dell’art. 1341, comma 1, c.c..

5.1 Il Tribunale ha, infatti, ritenuto infondata la domanda di adempimento della polizza, in quanto alla clausola limitativa della garanzia non poteva riconoscersi natura vessatoria, e dunque risultava inapplicabile il requisito formale, tanto quello previsto dall’art. 1341, comma 2, c.c., quanto -implicitamente- quello previsto dall’art. 166, comma 2, CAP, in tal modo operando una indebita sovrapposizione del requisito formale della redazione della clausola con “caratteri di particolare evidenza” -ex art. 166, comma 2, CAP- a quello della “doppia sottoscrizione” richiesto invece per le “clausole vessatorie- dall’art. 1341, comma 2, c.c..

5.2 Tale “modus procedendi” del Giudice di merito è errato.

La tesi difensiva, svolta dal ricorrente, va correlata alla identità di funzione che la disposizione del Codice Assicurazioni Private svolge rispetto alla previsione codicistica dell’art. 1341, comma 1, c.c. che ha per oggetto le clausole delle CGA non definibili vessatorie ex art. 1341, comma 2, c.c.. Il requisito formale previsto dalla norma del CAP assolve infatti allo scopo di tutela della parte debole del rapporto, in quanto rivolto ad assicurare la sua attenzione in ordine alla esistenza ed al contenuto di clausole comunque svantaggiose -pur non qualificabili vessatorie- inserite in un testo contrattuale unilateralmente predisposto (art. 1341, comma 1, c.c.) ovvero contenute in moduli o formulari standard non modificabili (art. 1342, comma 1, c.c.).

L’accertamento della “conoscenza” o della oggettiva “conoscibilità” della clausola della CGC è questione di fatto, oggetto di prova.

Il principio generale in materia di riparto dell’onere probatorio richiede che colui il quale intende avvalersi della clausola -sia per affermarne il contenuto dispositivo, che per eccepime la invalidità od inefficace- deve fornire la dimostrazione dei fatti su cui la pretesa o la eccezione si fonda (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 434 del 23/02/1963; id. Se:. 3, Sentenza n. 5952 del 14/03/2014).

5.3 Nella specie l’assicurato ha proposto domanda di adempimento del contratto di polizza, ed ha inteso provare i fatti costitutivi della pretesa mediante la produzione del documento di polizza assicurativa RC; la società assicurativa, chiamata in causa, si è costituita deducendo la inoperatività della polizza, in quanto l’evento dannoso considerato non rientrava nel rischio oggetto della copertura assicurativa, in base ad una determinata clausola, limitativa della garanzia, inserita nelle CGA.

5.4 Incontestata la provenienza dalla società assicurativa delle Condizioni generali di contratto contenenti la clausola 1.8, e tenuto conto della condizione di effettiva conoscenza o conoscibilità -secondo la ordinaria diligenza- della clausola da parte dell’assicurato affinchè la stessa possa ritenersi efficace in quanto ricompresa nell’accordo (art. 1341, comma 1, c.c.), ne segue che l’assicuratore-predisponente che intende far valere la clausola limitativa della garanzia è tenuto a fornire la dimostrazione, non soltanto della sua esistenza nel testo contrattuale, ma anche della sua effettiva conoscenza o conoscibilità da parte dell’aderente.

5.5 La prescrizione della marcatura in evidenza della clausola che indica “limitazioni della garanzia”, quale clausola non vessatoria (requisito formale richiesto anche per altre clausole -invece vessatorie- che indicano “decadenze, nullità- ed ancora per altre clausole di natura aspecifica che comportano -oneri a carico del contraente o dell’assicurato”), si inserisce come adempimento formale diretto ad attuare la conoscenza effettiva o rendere comunque conoscibile il testo della clausola, che si aggiunge alla modalità redazionale “in modo chiaro ed esauriente” del testo contrattuale, espressamente prevista dal primo comma dell’art. 166 CAP, che si rivolge al momento della “comprensibilità” del contenuto dispositivo della clausola, operando sul piano della consapevolezza del consenso prestato dall’aderente, ed investe anche le modalità di formulazione delle offerte da parte degli intermediari (art. 183, comma 1, lett. a), CAP) e degli altri documenti informativi che debbono essere trasmessi all’assicurato (nota informativa ex art. 185 CAP).

5.6 Il coordinamento della disposizione dell’art. 166, comma 2, CAP con la disposizione dell’art. 1341, comma 1, c.c. implica che l’adempimento dell’onere formale di “evidenziazione” della clausola, sottrae il predisponente dalla non agevole prova della effettiva conoscenza o conoscibilità della clausola da parte dell’aderente, in quanto è la stessa legge che riconduce alla “marcatura in evidenza” la funzione di richiamare all’attenzione e di rendere possibile la conoscenza della clausola, rendendola in tal modo efficace nei confronti dell’altro contraente, costituendo la “evidenziazione del testo” parametro legale alla stregua del quale valutare la diligenza dovuta dall’aderente. Con la conseguenza che, in caso di ottemperanza al disposto dell’art. 166, comma 2, CAP, graverà sull’aderente l’onere della prova che la mancata conoscenza o conoscibilità secondo l’ordinaria diligenza è dipesa da fatto a lui non imputabile (caso fortuito o forza maggiore o fatto doloso decettivo imputabile al predisponente). Inversamente, la inosservanza della regola formale di condotta, comporterà che il predisponente non potrà giovarsi della presunzione legale “juris tantum” di conoscenza/conoscibilità della clausola redatta con caratteri grafici in risalto rispetto al testo contrattuale, ma troverà nuovamente applicazione la disposizione dell’art. 1341, comma 1, c.c., per cui la efficacia della clausola nei confronti dell’aderente transiterà per la prova -che non incontra limitazioni-, gravante sul predisponente, della effettiva conoscenza (ad esempio perché oggetto di trattativa puntuale) o conoscibilità della clausola secondo la ordinaria diligenza.

5.7 L’accertamento delle condizioni di efficacia della clausola in questione è stato omesso dal Giudice di merito che ha trascurato del tutto di verificare, alla stregua dell’art. 1341, comma 1, c.c., la tenuta della clausola di limitazione della garanzia contenuta nelle CGC al punto 1.8, come diposizione negoziale conosciuta o conoscibile dall’aderente e da questi -quindi- consapevolmente accettata, non avendo adempiuto la società assicurativa all’obbligo formale di redazione del testo della clausola previsto dall’art. 166, comma 2, CAP.

§.6 In conseguenza il motivo di ricorso trova accoglimento, limitatamente alla censura indicata, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa avanti al Giudice di appello che, attenendosi al principio di diritto enunciato al precedente paragr. 4 della motivazione, dovrà procedere alla verifica della efficacia della clausola limitativa della garanzia inserita al punto 1.8 delle Condizioni generali di contratto.

§.7 Il ricorrente deduce inoltre, con lo stesso motivo, la violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362, 1363, 1364, 1366, 1369 e 1370 c.c., sostenendo che il Tribunale, di fronte al testo oscuro della clausola avrebbe dovuto accogliere una interpretazione favorevole all’aderente. Prospetta al riguardo differenti soluzioni ermeneutiche : secondo il ricorrente la clausola potrebbe, infatti, riferirsi: a) alla esclusione di danni cagionati “alle cose oggetto dei lavori”, eccettuati quelli determinati all’acqua piovana; b) alla esclusione di responsabilità oggettive ex art. 2051 c.c.; c) alla limitazione della responsabilità dell’assicurato, in quanto tale da ritenere clausola vessatoria.

7.1. Il motivo è inammissibile.

Il Giudice di merito ha applicato quale unico criterio quello del senso fatto palese dalle parole, ai sensi dell’art. 1362, comma 1, c.c., ritenendo del tutto chiaro il contenuto testuale della clausola che evidenziava -secondo la non implausibile lettura datane dal Tribunale- una limitazione della garanzia assicurativa relativa a responsabilità civile nel caso in cui i danni fossero cagionati da eventi atmosferici (nel senso del concorso eziologico della causa naturale, come si è precisato, con la condotta imperita o negligente della impresa assicurata).

Orbene, qualora la parte ricorrente intenda impugnare la sentenza per violazione od errata applicazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 ss c.c., è suo preciso onere dedurre tale vizio in modo specifico: ed infatti la parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ., avendo invece l’onere di specificare i canoni interpretativi che in concreto assuma violati, ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, e dovendo i rilievi contenuti nel ricorso essere accompagnati, in ossequio al principio di autosufficienza, dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 22889 del 25/10/2006; id. Sez. L, Sentenza n. 25728 del 15/11/2013).

7.2 Nella specie il ricorrente si è limitato a prospettare un possibile significato alternativo, delle disposizioni negoziali, diverso da quello accolto dalla Corte territoriale, in quanto tale inidoneo ad inficiare la applicazione dei criteri ermeneutici utilizzati dal Giudice di merito, atteso che -dovendo ribadirsi il principio di diritto costantemente affermato da questa Corte- “l’interpretazione data dal giudice di merito ad un contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni; sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che .fosse stata privilegiata l’altra” (cfr. Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 10131 del 02/05/2006; id. Sez. 2, Sentenza n. 3644 del 16/02/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 22/02/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 15604 del 12/07/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 24539 del 20/11/2009; id. Sez. 2, Sentenza n. 19044 del 03/09/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 16254 del 25/09/2012; id. Sez. 1, Sentenza n. 6125 del 17/03/2014).

§.8 Rimane assorbito, in seguito all’accoglimento del ricorso, l’esame della censura formulata in via subordinata, riqualificata la impugnazione come ricorso straordinario ex art. 111 co 7 Cost. (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016), con la quale il ricorrente ha investito la statuizione sulle spese di lite della ordinanza di inammissibilità della Corte d’appello di L’Aquila.

§.9 In conclusione il ricorso deve essere accolto nei limiti indicati in motivazione; la sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua, con rinvio della causa alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione che, attenendosi al principio di diritto enunciato al paragrafo 4 della presente motivazione, verificherà la efficacia della clausola limitativa della garanzia di cui al punto 1.8 delle Condizioni generali di contratto, alla stregua dell’art. 1341 comma 1 c.c., liquidando all’esito anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; rigetta il motivo volto a censurare • la violazione delle norme interpretative del contratto e dichiara assorbito il motivo volto a censurare la ordinanza di inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c. sul capo relativo alle spese di lite; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma il 27/03 /2019